La potenza unica dell'arte inuit, inaugurata una nuova sala con cento manufatti al Museo polare di Fermo

Il presidente dell’Associazione esplorazioni polari italiane Renato Zavatti illustra l’evento alla presenza del sindaco Paolo Calcinaro
Il presidente dell’Associazione esplorazioni polari italiane Renato Zavatti illustra l’evento alla presenza del sindaco Paolo Calcinaro
di Chiara Morini
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Lunedì 23 Maggio 2022, 09:10

FERMO - Al Museo polare Zavatti di Fermo è stata inaugurata la Sala Molinari grazie alla donazione di oltre cento manufatti di arte inuit fatta poco prima di morire dalla signora Anna Molinari a Renato Zavatti, figlio di Silvio Zavatti, a cui è intitolato il museo. 


La signora Molinari ha deciso di donare la sua collezione riconoscendo l’importanza mondiale del Museo polare fermano. «Con questi nuovi elementi – commenta Renato Zavatti, presidente dell’Associazione esplorazioni polari italiane – il centro di Fermo acquista un valore ancor più unico». Il padre di Renato, Silvio, è stato un esploratore in attività nel secolo scorso, e da molti era considerato “visionario”. Questo perché durante le sue esplorazioni aveva predetto lo scioglimento dei ghiacciai e iniziato a studiare gli inuit. La donazione ricevuta si compone di manufatti provenienti dalla regione del Nunavut, che significa Terra Nostra, un territorio del Canada autogovernato proprio dagli inuit. Dopo una riorganizzazione degli spazi e del materiale del museo, i nuovi pezzi sono stati collocati alla sinistra della stanza dove è stato ricostruito uno degli accampamenti dello stesso Zavatti.


«Le statue esposte – spiega l’antropologa Daniela Zanin che sta curando il catalogo – sono il connubio creatosi tra innovazione e memoria e, per quanto realizzate secondo i canoni dell’arte contemporanea, evocano un passato di spiritualità, di quando gli Inuit seguivano il credo animistico fedele alla pluralità degli spiriti e alla potenza della natura». Nessun insieme di divinità, quanto piuttosto figure mitologiche.

Così spiccano la Sedna, una Signora del Mare, uno sciamano danzante, che richiama una figura importante. Proprio lo sciamano, infatti, veniva visto come un intermediario privilegiato tra le popolazioni e le potenze soprannaturali, a cui ci si rivolgeva per propiziare la caccia, scongiurare il cattivo tempo, o anche guarire le malattie. I rituali degli sciamani erano accompagnati da canti e danze.

Ancora tra i pezzi esposti spiccano una scena di caccia, frequente tra le sculture Inuit, che utilizzavano la loro arte per narrare le attività della vita quotidiana e della loro sussistenza. Esposti vi sono diversi oggetti, tra cui una serie di piccole bambole semoventi e altri, che rappresentano un orso polare o uccelli marini sulle rocce, che testimoniano, tra gli altri, una profonda conoscenza della natura. «La potenza dell’arte inuit – dice ancora Zanin – è conseguente alla capacità di evocare, con tecniche stilistiche sperimentate da millenni, emozioni, paure e sentimenti comuni all’intera umanità».


Le pietre utilizzate non sono policrome: o bianche o nere. Se si notano differenze di colore, sono dovute alle striature naturali delle pietre. «È un onore – commenta il sindaco Paolo Calcinaro – poter accogliere questa donazione per cui esprimiamo gratitudine sia alla famiglia Molinari che alla Zavatti». «Anche nel settore culturale – dice l’assessore alla Cultura Micol Lanzidei – la donazione è un atto d’amore. Ora il mondo delle esplorazioni è più vicino e fruibile».

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