Fermato dal virus in Messico, Lorenzo Baccifava guarda avanti con grande forza. «La bici è una medicina per il corpo e per l’anima. Dopo il Covid ripartirò»

Fermato dal virus in Messico, Lorenzo Baccifava guarda avanti con grande forza. «La bici è una medicina per il corpo e per l anima. Dopo il Covid ripartirò»
Fermato dal virus in Messico, Lorenzo Baccifava guarda avanti con grande forza. «La bici è una medicina per il corpo e per l’anima. Dopo il Covid ripartirò»
di Gianluca Ciucci
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Sabato 4 Dicembre 2021, 04:10 - Ultimo aggiornamento: 5 Dicembre, 09:53

«Avrei voluto essere da qualche parte in giro per le Americhe e invece sono a casa a cercare di recuperare dopo il Covid-19. Per me il cicloturismo è più di una passione, è uno stile di vita che non ti abbandona nelle difficoltà». Lorenzo Baccifava, viaggiatore estremo in bicicletta, è nella nostra regione, uno dei massimi esempi di ciò che si può fare in sella a una bici. Era partito da Cancùn a luglio per la sua nuova avventura. Poi ad agosto la malattia e il ritorno, dopo sofferenze fisiche e psicologiche. 

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Come sta adesso?
«Pago ancora gli strascichi, ho perso il tono muscolare e non respiro bene.

Non sono in grado di risalire in sella, passo ore su Google Maps sognando di ripartire».

 
Cosa ha significato dover abbandonare il viaggio? 
«Una sofferenza enorme. Ci avevo lavorato un anno per costruirlo. Io non posso stare senza la bici e la scoperta di nuovi luoghi».

Adesso può pedalare?
«Solo piccoli giri con un’altra bici, la mia è rimasta in Messico insieme a quasi tutta l’attrezzatura, ho un conto in sospeso con le Americhe».

Il rientro a Montecosaro l’ha costretta ad approfondire la conoscenza con la nostra Regione, che sta puntando sul cicloturismo.
«Sì, è vero. Qui ho conosciuto il gruppo dei Ciclisti di Campagna: gente con tanta passione, organizzano pedalate, hanno tante idee e hanno pure aperto una via stupenda lungo il fiume Chienti aperta a tutti. Ma ci sono anche cose brutte». 

Quali sono? 
«Molte persone non si rendono conto del servizio che queste persone fanno alla collettività. E così vedono sparire la segnaletica oppure addirittura distruggere un ponticello. Troppi pensano all’ambiente come proprietà esclusiva di una categoria». 

Eppure ci sono tanti progetti per aprire ciclovie nella nostra Regione.
«Pedalando mi sono accorto che però c’è differenza tra nord e sud delle Marche. Dopo Ancona le ciclabili mancano». 

Lei ha corso in bici da bambino, il passaggio al viaggio quando è stato? 
«Nel 2017 vivevo a Tolosa e ho provato il Cammino di Santiago. Mi è piaciuto così tanto che ho fatto tutta la Penisola iberica. Poi non mi sono più fermato». 

E il Covid-19?
«Mi sono ammalato in Chiapas, la parte povera del Messico. Mi ha curato la sanità pubblica, in maniera spartana e sbrigativa però efficace. La loro umiltà mi ha salvato la vita e devo dire grazie. Ho visto come stavano in terapia intensiva ed è stato terribile, io ho passato pochi giorni in ospedale, i posti erano limitati e ho dovuto curarmi dove risiedevo». 

Cos’è la bicicletta per lei? 
«Una medicina per corpo e anima. Mi dicono anche i medici che sarà fondamentale per recuperare, ma gradualmente. Mi serve anche dal punto di vista psicologico, in sella trovo il mio equilibrio e la consiglio a tutti. La solitudine che ti porta la bici è in realtà piena di nuove conoscenze e cose da vedere, belle come le persone che incontri».

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