Riapre il Museo della carta e della filigrana di Fabriano, per i visitatori un viaggio all'indietro nel tempo fino al Trecento

;Lo stendaggio dei fogli di carta
;Lo stendaggio dei fogli di carta
di Chiara Morini
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Lunedì 24 Maggio 2021, 11:03

FABRIANO - Novecento anni dedicati alla carta: la storia di Fabriano è legata alla produzione dei fogli per la scrittura. E nel centro dell’Anconetano martedì 25 maggio riapriranno le porte del museo dedicato alla storia della tradizione cartaria locale, che si trova nell’ex convento dei Domenicani. Il visitatore qui può fare un viaggio nel tempo, attraverso le diverse sezioni. Dalla fabbricazione a mano del foglio al suo utilizzo, sono esposte pure le filigrane, le spiegazioni per ottenerle, la narrazione del viaggio storico della carta, e lo sviluppo dell’arte produttiva di Fabriano, con tutti i procedimenti di lavorazione. Il cuore del museo è la riproduzione di un’antica gualchiera per la produzione della carta a mano, collocata nella sala trecentesca del museo.

 
L’arte della produzione della carta arriva da quella di lavorazione della lana. I lanaioli si servivano di ampi locali attrezzati dove trattavano i panni, che si chiamavano proprio “gualcherie” o “gualchiere”. Da qui la denominazione di “valchiera”, o “gualchiera a cincis”, piccoli opifici che si trovavano lungo gli argini del fiume Castellano, oggi Giano, utilizzato per la produzione della carta bambagiana. Se la carta l’hanno inventata i cinesi, gli arabi l’hanno imparata da loro a Samarcanda e poi trasmessa ai primi maestri cartai di Fabriano. E ancora oggi dopo secoli si continua la produzione a mano, la cui fase centrale avviene secondo le tecniche trecentesche, con le innovazioni apportate nel corso dei secoli. Documenti e schede storico-tematiche ripercorrono tutta la storia della carta, andando anche dalla signoria dei Chiavelli alla successiva rinascita dell’arte cartaria nel 1700, dai Miliani che hanno lasciato un’importante impronta sulla produzione di carta, dalle difficoltà dell’immediato dopoguerra, fino ai giorni nostri.
È stata ricostruita per funzionare secondo le tecniche produttive dei “Mastri Chartai”: la Gualchiera medievale fabrianese, nel museo mostra e ripercorre l’intero ciclo della lavorazione.

Partendo dall’arrivo degli stracci, materia prima della carta, al loro stoccaggio, che arrivava a Fabriano dai centri vicini in balle serrate con corde di canapa. La “stracciarola” li sceglie e li pulisce da corpi estranei, classificandoli in base alla qualità. La “sceglitura” decreta se lo straccio è “bono”, “grosso” o “vergato”. Dallo scarto si fa la carta da imballo, dai buoni si passa all’ammollo e poi al macero. Si procede quindi con le pile idrauliche a magli multipli, che riducono gli stracci in pasta da carta, tecnicamente chiamata “pinto”. Da qui l’impasto finisce nel tino, e i “lavorenti”, vi immergono il telaio, estraendo una quantità di materiale disponendola su tutta la superficie. Quando il foglio si è formato si mette sopra un feltro di lana, e si passa alla collatura. Da qui la pressa, la separazione dei fogli che vengono messi all’aria ad asciugare nello stendaggio. Poi c’è la calandratura, con cui si levigano le due superfici del foglio, pronto ad essere parte di una futura risma. 

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