Mimmo Calopresti presidente di giuria al Fabriano Film Fest: «Qui in gara tanti corti di qualità»

Il regista e sceneggiatore Mimmo Calopresti
Il regista e sceneggiatore Mimmo Calopresti
di Saverio Spadavecchia
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Martedì 13 Luglio 2021, 15:38

FABRIANO - Il Fabriano Film Fest, il festival internazionale del cinema “corto” entra nel vivo da domani, mercoledì 14 luglio, con i corti in gara che concorreranno per conquistare il nono festival fabrianese. A guidare la giuria Mimmo Calopresti (regista, sceneggiatore e attore originario di Polistena che riceverà anche il premio “Filigrana d’autore”), che ha raccontato la idea di cinema e l’importanza di un modo di fare arte diverso rispetto al mainstream, capace però di raccontare in pochi minuti emozioni degne dei più grandi capolavori di celluloide.
La sua esperienza come regista parte proprio con dei corti di taglio documentaristico, secondo la sua opinione quanto è importate un cinema di questo tipo oggi? 
«Il cinema corto è importante, perché è un qualcosa che deve essere pensato e prodotto solo in maniera ridotta rispetto al cinema a cui molti sono abituati. È una scienza del racconto proprio come nella letteratura. È difficile, è un modo di esprimere la propria arte ma di certo non è da derubricare il genere a un momento di formazione dei registi». 
Dal punto di vista dell’analisi e del giudizio, quanto sarà difficile capire i vari corti in gara che esploreranno i generi e le sensazioni più disparate? 
«Quest’anno in concorso ci saranno molti corti di qualità, con lavori da tutto il mondo e che sono in grado di raccontare il senso della vita a livello internazionale. Molti raccontano il mondo attuale e ho riscontrato attenzione al periodo storico. Una dimostrazione di intelligenza. Una spinta che però non è nuova, se andiamo a vedere il passato del cinema molti avevano già ipotizzato gli scenari pandemici che stiamo vivendo». 
È questo lo scopo del cinema? Immaginare ed analizzare? 
«Certamente sì, perché nel corto vediamo una grande capacità di analisi, ma anche mezzi importanti che si legano con la capacità di sintesi. Ed è questo alla fine che conta in questo modo di fare cinema». 
Il corto però ancora non riesce ad inserirsi come i lungometraggi nelle dinamiche del cinema di massa, c’è una spiegazione per questa assenza? 
«Io credo che il corto vada nella direzione dei veri appassionati, ma questa caratteristica si sta trasformando anche in un percorso di formazione cinematografica, e non solo per chi lo produce ma per chi lo vede. A Roma gestisco il cinema “Aquila”, e proponiamo delle rassegne di corti. Ho notato che in quelle occasioni si trovano appassionati che cercano tendenze e sensazioni speciali. C’è anche da dire che attraverso le piattaforme di streaming si può creare qualcosa a riguardo, ma il pubblico in questo caso è ancora da comprendere appieno». 
Lo streaming può essere una soluzione per far conoscere il linguaggio del cinema corto o per gli appassionati? Manca qualcosa per il vero appassionato? 
«Forse la risposta potrebbe essere un festival dedicato in streaming proprio su piattaforme generaliste.

Io credo che si debba provare a far convivere il pubblico in presenza con quello che guarda il cinema in casa. Credo possa essere la rivoluzione, e i corti possono dire la loro».

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