Il grande ritorno dei Cor Veleno
«Brown è sempre con noi sul palco»

I Cor Veleno
I Cor Veleno
di Andrea Maccarone
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Mercoledì 17 Luglio 2019, 11:26 - Ultimo aggiornamento: 11:33
CORRIDONIA - Un nuovo album e un nuovo tour. Sui palchi italiani tornano i Cor Veleno. Stasera alle ore 23 saranno di scena alla Festa della Birra a Corridonia. Dopo otto anni dall’uscita del precedente disco, l’ensemble rap romano, attualmente composto da Dj Squarta (Francesco) e Grandi Numeri, è pronto a far ascoltare il nuovo sound.

Francesco, si apre un nuovo capitolo per i Cor Veleno?
«Sicuramente sì, ma è anche legato a tutto il materiale che ci ha lasciato il nostro cantante Primo Brown scomparso tre anni fa. Infatti nel disco ci sono le sue tracce, e posso dire che Primo è sempre con noi anche se questo non è un disco di ricordi».

Tante collaborazioni nell’album. Com’è nato il coinvolgimento degli altri artisti?
«Sono tutti amici e diciamo che il coinvolgimento è nato in maniera assolutamente spontanea. Appena mandavamo i messaggi ai cantanti a cui chiedevamo di prendere parte ai brani, le risposte arrivavano nel giro di venti secondi. Questo ci ha dato una grande energia».

Forse perché siete considerati un po’ l’old school del rap italiano?
«A dire la verità noi non ci siamo mai sentiti old school. Abbiamo sempre guardato avanti e mai indietro. Siamo cresciuti insieme alla nostra musica. Ma sicuramente è bello vedere che qualcuno si ispiri a noi».

Un approccio sempre dinamico verso la musica?
«Certo, non siamo mai rimasti fermi a ciò che abbiamo fatto precedentemente. Lo sguardo è rivolto al futuro delle nostre idee e al prossimo sound che andremo a creare. Le radici sono importanti. Sappiamo da dove siamo partiti e abbiamo dei punti fermi. Ma è ciò che realizziamo ad essere sempre diverso».
Cos’è cambiato di più nel rap da 20 anni a questa parte?
«E’ cambiato tantissimo, e aggiungo per fortuna. Prima era una genere molto autoreferenziale ed era rivolto di più alla nicchia degli appassionati. Il fatto che sia diventato un genere popolare l’abbiamo visto come un’opportunità e non come un limite ».
Non trova che oggi ci si sia un po’ allontanati dall’identità di un tempo?
«Come in tutti i generi o le forme d’arte, anche nel rap, col tempo, ci sono finiti dentro concetti che c’entrano poco. Ma fa parte del gioco. In linea di massima oggi il rap viene suonato in posti molto grandi e coinvolge un pubblico più ampio. Però questa cosa non ci dispiace».
Ma non si è persa un po’ della vecchia cultura hip-hop?
«Basta avere la curiosità di andare a scoprire gli artisti più underground e non soffermarsi su ciò che ci viene proposto. E’ pieno di musicisti talentuosi che riescono ad esprimere concetti anche di una certa profondità. Ma sta alla capacità di ricerca dell’ascoltatore».

E il vostro stile come si è evoluto?
«Abbiamo sempre fatto dei passi in avanti, e questo è merito soprattutto del background musicale di ciascuno di noi. Non abbiamo mai ascoltato le stesse cose. Chi il rock’n’roll, chi il jazz e il blues fino alla cumbia. La nostra bellezza è nel saper sperimentare».
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