Il violoncellista Giovanni Sollima a Camerino con il mandolinista israeliano Avi Avital:
«Suoniamo le armonie del viaggiare»

Giovanni Sollima a Camerino con Avi Avital
Giovanni Sollima a Camerino con Avi Avital
di Elisabetta Marsigli
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Venerdì 27 Agosto 2021, 05:45

CAMERINO - È dedicato al tema del viaggio il concerto di questa sera al Camerino Festival, che vedrà in piazza Cavour (ore 21,30) due stelle: il mandolinista israeliano Avi Avital e il violoncellista siciliano Giovanni Sollima. Con “Roots” (radici) i due musicisti ripercorreranno territori, culture, canti ed epoche che hanno visto gente spostarsi da un luogo all’altro, fuggire, creare nuove radici, custodirne le antiche.

Roots è un viaggio tra passato e presente?
«È sempre una faccenda molto delicata asportare radici, non dico espiantarle, ma anche semplicemente raccoglierle: ti accorgi subito di ciò che è superstite o che arriva dalle generazioni successive e quanto di questo viene stravolto o quanto ti viene restituito nella sua forma originaria. In pratica quanto risiede ancora nella gente e quanto si è perso».


Come è nata la collaborazione con Avi Avital? 
«È nata per caso e non esistendo un repertorio di questi due strumenti, ho pensato di vedere cosa avevamo di personale da condividere. Dalle tradizioni popolari molti musicisti hanno costruito il proprio linguaggio, compreso Haydn. Quindi, seguendo la strada emotiva, andremo in modo “disordinato” all’interno dei nostri “effetti personali”».


La vita di un musicista è un continuo viaggio, quindi un percorso anche autobiografico?
«La mia lo è da quando ero bambino: viaggio e raccolgo temi, scale, armonie, così come viaggio anche con la fantasia, leggendo un testo, ad esempio. Io e Avi viaggiamo molto e abbiamo in comune due luoghi d’origine che hanno tante stratificazioni culturali più o meno ancora visibili. Su questo giochiamo e ci divertiamo anche, là dove è possibile.

Dalla musica antica, barocca, a quella popolare, che in realtà non si sa quanti anni abbia davvero».


Ha affermato che a casa sua non mancavano gli strumenti musicali, cosa le ha fatto scegliere proprio il violoncello?
«Il violoncello mi piaceva per il suo aspetto e per quel suo suono particolarissimo, non uguale né simile agli strumenti a tastiera. Poi assistevo fin da piccolo alle prove di mio padre con Giovanni Perriera, che poi è stato il mio primo maestro».


Quanto le collaborazioni con grandi personaggi del teatro, della danza, del cinema, hanno influenzato le sue composizioni?
«Ogni collaborazione ti apre la mente. Già partivo con una conoscenza di discipline apparentemente distanti dalla musica, altre forme di creatività che ho frequentato anche da spettatore. La danza e il teatro soprattutto, sono scritture musicali, partiture che offrono sinergie incredibili. Tra gli scambi più significativi per me c’è sicuramente quello con Carolyn Carlson e con Bob Wilson: esperienze sinergiche con artisti che partono da parametri musicali per il loro lavoro».


Qualche accenno su ciò che ascolteremo questa sera?
«Un concerto mai uguale a se stesso: da Dario Castello, musicista visionario del primo barocco, a Domenico Scarlatti grande viaggiatore figlio di un siciliano, formatosi a Napoli e poi partito alla volta della Spagna, e Frescobaldi. Poi tanti canti popolari, da quelli ladini, ma di tradizione più ispanica, a quelli dai Balcani, dalla Turchia, dal Salento. Due miei brani, tra cui Federico II, una melodia che ha sempre “viaggiato” con me e che ha diverse versioni. Poi c’è una “tarantella orientale” scritta da mio padre a 13 anni: anche lui era un viaggiatore. Brani che girano intorno al Mediterraneo, così vario e ricco di tanti flussi migratori».

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