Bisio alle Muse di Ancona in “La mia vita raccontata male”: «Parlo un po' dei miei inciampi e anche dell'allegria del vivere»

Claudio Bisio in una scena dello spettacolo
Claudio Bisio in una scena dello spettacolo
di Elisabetta Marsigli
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Giovedì 10 Febbraio 2022, 11:38

ANCONA - Prendere la vita con la giusta ironia aiuta: lo dimostra Claudio Bisio, in scena alle Muse di Ancona, dal 17 al 20 febbraio prossimi, in “La mia vita raccontata male”, con la regia di Giorgio Gallione e due musicisti in scena, Marco Bianchi e Pietro Guarracino. Un po’ romanzo di formazione, un po’ biografia divertita e pensosa, un po’ catalogo degli inciampi e dell’allegria del vivere, il testo di Francesco Piccolo sembra tagliato su misura per Bisio.


Concorda che questo testo è ad hoc per lei?
«In comune abbiamo molto, l’unica differenza è che lui è del Sud e io del Nord, ma siamo tutti e due boomers, anzi direi tutti e tre con Gallione. Uomini degli anni 60, i cui ricordi sono quelli legati a Carosello, alle Gemelle Kessler, ai mondiali di calcio del ‘74 o alla caduta del muro di Berlino. E la sua autoironia mi appartiene moltissimo, ma in più, Piccolo, ha anche una struttura precisa e ho dovuto combattere non poco con il mio modo “normale” di biascicare anche qualche parola, figlio della scuola di Fo e Jannacci. Il suo testo è pulitissimo invece, compresa la scelta di aggettivi e punteggiatura».


Trattandosi di un racconto della propria vita, è quasi automatico fare qualche riferimento alla propria, Bisio ha rimpianti?
«Qualche sliding doors c’è stata sicuramente nella mia vita, qualche occasione persa, qualche film rifiutato perché avevo altri progetti, ma preferirei parlare delle fortune che ho avuto rispetto a quello che non ho fatto.

Ci sono cose che ho fatto senza crederci troppo, un esempio? “Benvenuti al sud” stavo per perderlo solo perché ero stanco: venivo da stagione lunghissima di Zelig e volevo farmi le mie vacanze. Inoltre era un remake e non mi convinceva. Per mia grande fortuna mi sono venuti incontro, perché nessuno è insostituibile, e meno male!».


Da Pennac a Serra, passando anche per Baricco, fino a Piccolo: cambiano gli autori ma il binomio Bisio-Gallione rimane una garanzia...
«Siamo della stessa generazione e quello che abbiamo in comune è anche un percorso artistico molto parallelo: lui viene dalla scuola teatrale di Genova io da quella del Piccolo di Milano. I riferimenti culturali sono simili. Da Pennac, il nostro primo spettacolo insieme, il teatro lo faccio solo con lui perché ormai ci capiamo subito. Non abbiamo inventato niente, ma qualcuno ha paragonato il nostro lavoro al teatro canzone di Gaber e mi piace molto questa definizione, anche se non l’abbiamo inseguita».


L’altro binomio è infatti quello con la musica, molto presente anche in questo spettacolo. 
«È sempre stata una parte fondamentale nei nostri spettacoli, tanto che se mancasse uno dei due chitarristi non potremmo andare avanti sostituendolo. Non è un monologo ma uno spettacolo a tre. La musica è sempre presente, tanto che questa volta qualcuno lo ha paragonato a un melologo e ci piacciono entrambe le definizioni. Il tutto poi, partendo da drammaturgie contemporanee e non da testi scritti per il teatro: anche questo viene da un tipo di affabulazione che prende spunto sia da Gaber che da Fo, ma con uno sguardo alla stand up comedy di oggi e al cabaret, sempre con la dignità del teatro».

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