Gabriele Muccino: «Weinstein? Non mi sorprende. I predatori non sono solo a Hollywood»

Gabriele Muccino: «Weinstein? Non mi sorprende. I predatori non sono solo a Hollywood»
di Gloria Satta
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Lunedì 23 Ottobre 2017, 09:57 - Ultimo aggiornamento: 21:35

Per i cinquant'anni, compiuti nel maggio scorso, Gabriele Muccino si è regalato il ritorno in Italia dopo un paio di lustri passati a Hollywood a recitare la parte del «bravo regista italiano» alle prese con l'industria più potente del mondo, le star, l'esaltazione e le nevrosi, i successi e le batoste. «Quell'esperienza mi ha insegnato che tutto è relativo», dice il regista romano, «devi andare lontano da casa per capire qual è il luogo fisico ed emotivo dove vuoi stare». Ed eccolo, quel luogo, in cui da cinque settimane (e ancora per due) Muccino si è immerso anima e corpo, «finalmente pacificato perché ho elaborato i miei conflitti professionali e personali», finalmente libero di tornare a raccontare i sentimenti, le ambizioni, le frustrazioni, in una parola la tragicommedia umana che ha nutrito il suo cinema migliore da L'ultimo bacio a Ricordati di me: lo scenario del «mio ritorno a Itaca», come lo chiama il regista, è una spettacolare villa di Ischia, spalancata sul mare di Forio, in cui una ventina di esponenti dello star system italiano (tra cui Stefania Sandrelli, Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino, Ivano Marescotti, Claudia Gerini, Massimo Ghini, Ilaria Solarino, Sabrina Impacciatore, Gianmarco Tognazzi, Carolina Crescentini, Giampaolo Morelli, Sandra Milo) danno vita al film A casa tutti bene.
«È la storia di una famiglia allargata che si riunisce per festeggiare le nozze d'oro dei nonni e, per colpa di una mareggiata, rimane prigioniera sull'isola», racconta Muccino tutto d'un fiato, con l'urgenza di esprimere il nuovo se stesso.


CONVIVENZA
«La convivenza forzata scatena inquietudini, intemperanze, bilanci spietati: sono tutti costretti a confrontarsi con il passato e con i propri demoni». I vari personaggi finiscono per «cozzarsi addosso» in un crescendo emotivo mentre la cinepresa li insegue febbrile attraverso le stanze, nell'immenso giardino di piante esotiche, nella piscina costruita dalla produzione, la Lotus con RaiCinema. Muccino doc. Muccino al cubo. E un assaggio di quello che il pubblico vedrà il 14 febbraio, data di uscita non casuale del film («parla d'amore») si può avere sbirciando le riprese di una scena in cui la matriarca Sandrelli, nel grande salone dal pavimento di Vietri, chiama a raccolta la famiglia: «Ci siamo tutti, andiamo!». Marito, figli, nipoti, nuore obbediscono. Facce tese, mentre il sole illumina il disagio corale. «Voglio raccontare la vita in tutte le sue sfaccettature, dolci e amare. Mi appassionano le relazioni umane. Sto girando un film potente», spiega Muccino.
Malgrado l'aspro conflitto mai sanato con il fratello minore Silvio, crede ancora nella famiglia. «È il villaggio primordiale in cui si nasce, da cui si parte e in cui si torna. Da adolescenti fuggiamo per non somigliare ai genitori, poi la vita ci insegna che è impossibile».

NUOVA SERENITÀ
La riconquistata serenità di Muccino è rappresentata dalla moglie Angelica, costumista del film, che lo accarezza nelle pause tenendo per mano la loro figlia Penelope. «Il cinema, per me, è meglio della psicoanalisi: mi basta scrivere una sceneggiatura per sentirmi risolto», confessa il regista. Ischia è il «big bang» della sua esistenza: la madre Antonella è nata sull'isola, il padre Luigi «mi ha rivelato che sono stato concepito proprio qui», sorride.
Ne ha viste tante e il caso Weinstein non lo sorprende. «Tutti conoscevano la sua insaziabilità sessuale, ma nessuno si aspettava che avesse comportamenti criminali. I predatori non sono solo a Hollywood». Le serie? «Potrei dirigerne una. Ma solo in sala il cinema raggiunge l'apice dell'emotività, una qualità connaturata ai miei film». Pausa: «Sono emotivo, lo sarà anche A casa tutti bene. Lo prometto».