Chef Rubio torna in televisione
«È uno sporco lavoro, io lo faccio»

Chef Rubio
Chef Rubio
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Sabato 28 Ottobre 2017, 18:14 - Ultimo aggiornamento: 18:20
ROMA - Non importa quanto faticoso, massacrante o disgustoso sia. Nè che a fine della giornata le braccia facciano male più di quando giocava a rugby. Rimboccate le maniche, lui ci proverà. Così Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini, l'ex campione che tra fornelli, scrittura e tv ha trovato il suo nuovo regno («ma sono tutte parti di me», dice), torna da lunedì 30 ottobre alle 21.10 su Dmax (canale 52 del digitale terrestre), pronto a rimettersi in gioco con i mestieri più duri d'Italia nella seconda stagione di «È uno sporco lavoro».

In programma, sei nuove puntate per altrettante regioni, prodotte da Dry Media per Discovery Italia, con 12 mestieri,
poco conosciuti e ancora più pericolosi, più uno speciale natalizio sui «duri» lavori delle Feste e cosa si nasconde
dietro luci, musiche e cibi sofisticati. Dodici sfide «senza limiti» («D'altronde se non ungo mi sporco», ripete spesso),
in cui Rubio ogni volta si mette realmente in gioco al 100%, portavoce di una parte d'Italia autentica e sincera, a volte invisibile o volutamente ignorata, ma fondamentale per il Paese.

«Non mi preparo mai, per mantenere il vero effetto sorpresa - racconta - L'intento è mostrare ciò che non si vede,
raccontare quanto lavoro, fatica fisica o grandissima precisione, si celi dietro prodotti che siamo abituati a vedere,
ad esempio, sugli scaffali di un negozio». Il viaggio quest'anno parte dalla Sicilia dove Rubio ha prestato servizio
nello stabilimento di smaltimento olii, grassi e scarti animali della Sicilgrassi («luogo disgustoso, con persone che per portare la pagnotta a casa fanno un lavoro che pochi accetterebbero»), per poi andare ad aiutare i manutentori della funivia sull'Etna, appesi a 20 metri d'altezza a riparare cabine e cambiare pezzi usurati.

E ancora, tappa in Toscana, tra i trippai fiorentini, «per capire come da un organo destinato a raccogliere feci nasca uno dei piatti più invidiati al mondo» e a sfasciare automobili in un'autodemolizione a Carrara. E poi, viticoltore e taglialegna in Valle D'Aosta, coltivatore diretto e manutentore dei binari delle ferrovie in Lombardia, fino a scontrarsi con «il disastro e l'ignoranza dei cittadini italiani che non seguono la raccolta differenziata», in una discarica pugliese. O con i mestieri tutti italiani che rischiano di scomparire, sul lago di Lesina, «dove per colpa di burocrazia e inerzia della Regione i pescatori di anguille da cinque anni attendono un regolamento che non arriva e non posso svolgere il loro lavoro nella legalità. Una situazione assurda - dice - dove un bene culturale e gastronomico, un luogo che nulla ha da invidiare, ad esempio, a Comacchio, rischia di morire, con i padri che dicono ai figli
di non seguire le loro orme».

L'incontro più importante di questa stagione, forse, nelle Marche, in un'azienda agricola, dove si allevano volatili e
pollame, «oggi gestita da un rifugiato politico. Si - sottolinea - uno di quelli che molti additano come nullafacenti.
Il suo lavoro, invece, ci insegna anche l'importanza di prendere e consumare dalla natura solo il minimo indispensabile». Ma per Chef Rubio, che a dicembre sarà anche produttore di un corto sulla comunità Rom a Roma, parte di un più ampio progetto sul tema dell'integrazione, alla fine del viaggio qual è l'obbiettivo? «Speriamo non resti solo uno specchio per chi vuole guardarsi, ma che qualcuno davvero a casa dica al padre "da grande voglio fare questo"».
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