Pino Insegno sul palco del Ventidio Basso di Ascoli con “La vita non è un film”: «All’inizio doppiavo i porno»

Pino Insegno sul palco del Ventidio Basso di Ascoli con “La vita non è un film”: «All’inizio doppiavo i porno»
Pino Insegno sul palco del Ventidio Basso di Ascoli con “La vita non è un film”: «All’inizio doppiavo i porno»
di Chiara Morini
3 Minuti di Lettura
Sabato 1 Aprile 2023, 01:45 - Ultimo aggiornamento: 20:08

ASCOLI - Dopo la serata di ieri a Corridonia, Pino Insegno salirà oggi e domani sul palco del Ventidio Basso di Ascoli Piceno con il suo “La vita non è un film”, spettacolo tratto dall’omonimo libro autobiografico. Lo spettacolo, che fa parte della stagione voluta da Comune e Amat, andrà in scena alle 20,30 di oggi e alle 17,30 di domani (info: 0736298770).

Pino Insegno, perché “La vita non è un film”?
«Non lo è innanzitutto per i tempi, perché un matrimonio che dura trent’anni, nella vita non ha stacchi come ce ne sono in un film. E questo lo racconto anche a teatro: alla fine concludo con uno sketch in dissolvenza, che mostra gli stacchi e racconta le differenze. Non è un disprezzo per la vita, tutto il contrario: la vita dovrebbe essere come un film! Per il resto sul palcoscenico racconto di me, di quello che ho fatto. Annuncio che si riderà, ma non lo si farà mai nello stesso modo. Quello che narro è di come in 42 anni non ho mai smesso di fare teatro e di come ancora, pur essendo accolti con un grande applauso, poi nella serata si deve dare qualcosa al pubblico». 

Una Insegno anthology?
«Più o meno. Ad esempio quando parlo del doppiaggio parto dall’inizio, da quando doppiavo i film porno, arrivando a tutto il resto». 

Un mondo diverso, oggi, per lo spettacolo, rispetto a quando c’era la Premiata Ditta? 
«Forse sì, quello era un periodo caratterizzato da una forte autoironia, con un futuro e un passato. Oggi ci sono forti differenze anche rispetto alla televisione di allora e mi riferisco pure alle diverse tecniche utilizzate». 

La sua è una lunga carriera, quanto è cambiato il mondo dello spettacolo?
«È cambiata la tv, tanto. Prima della Premiata Ditta avevamo l’Allegra Brigata: fummo notati da Garinei e Bramieri che ci videro a teatro e ci presero subito per la prima serata su Rai1.

Allora non c’erano piattaforme e gli ospiti della trasmissione erano Tognazzi, Sordi, il quartetto Cetra per citarne alcuni. La televisione aggregava dai ragazzi agli anziani. Addirittura mia nonna si truccava prima della trasmissione perché pensava che la potessero vedere. Oggi è un elettrodomestico, allora la televisione serviva per raccontare tante cose e poi le sigle: erano le canzoni dei dischi più venduti. Si faceva esperienza, come me. Non c’erano i vari Grande Fratello di oggi». 

E della comicità che dice? 
«C’è sempre stata: si ride, oppure no. Può piacere o no. Ma fare uno sketch non è facile, non lo era nemmeno allora. Lo facevamo noi, lo faceva il “Trio”, ma oggi gli sketch non ci sono più, è tutto uno one man show. Con il “Trio” abbiamo fatto la storia della comicità, si dava spazio a gente brava, oggi con le scorciatoie dei talent si rischia che non durino, e non riescano, alla lunga, ad andare avanti».

Intende dire che manca la gavetta? 
«In un certo senso sì. Si arriva al successo subito, la notorietà è immediata, ma poi non si gestisce bene il successo».

Pino Insegno e le Marche?
«Ci sono stato tante volte, ormai posso dire che con le Marche lavoro. Sarò in Ancona… ma ne parleremo poi. Sono testimonial della vostra regione con il festival Marche storie, sono contento di esserlo, la vostra regione è stupenda e merita». 

Nel futuro di Pino Insegno cosa c’è? 
«Non posso dire molto. Oltre a questo, ripartirò, insieme a mia moglie, il prossimo novembre, con “Oggi sposi sentite condoglianze”».

© RIPRODUZIONE RISERVATA