Andrea Satta sui pedali, il leader dei Têtes de Bois ad Arcevia con Goodbike, uno spettacolo teatrale sulla bici

Alessandro Satta e i Tetes de Bois
Alessandro Satta e i Tetes de Bois
di Giovanni Filosa
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Sabato 18 Settembre 2021, 12:12

JESI - Andrea Satta? Ci piace perché è un pediatra che cura i bambini e lo spirito dei genitori. Perché racconta con spontaneità e saggezza storie di biciclette tramite invenzioni visionarie. Perché alla sua base ha miti solidi che hanno costruito la sua cultura. Perché ha una vaga somiglianza a Tom Waits. Ed Andrea Satta, leader dei Têtes de Bois (teste dure), lo troviamo che pedala, insieme ai suoi e ad altri, per le nostre colline sulla bicicletta, per ricreare, ancora per una tappa, il vero ”spettacolo teatrale” sulla bicicletta, l’amore, l’impegno sociale, stasera al Parco alle Conce di Arcevia in “Goodbike”, alle ore 21.  

 
“La bicicletta è un’ottima occasione per socializzare, per combattere l’obesità, per portare i bambini ad amare gli spazi aperti, ed anche un modo di stare da soli ma con gli altri, adattandosi alle cose ed ai tempi che cambiano. Con noi a pedalare oggi c’è anche Marco Scarponi e insieme ricorderemo Michele, un ciclista straordinario, un uomo eccezionale”. 


Ricordiamo canzoni come “Bartali”; “Coppi”, “Il bandito e il campione”, la vostra “Alfonsina e la bici”, e ci accorgiamo che la bicicletta ha sempre dato un ritmo, con la sua pedalata, ai nostri tempi. 
«Vero, giustissimo, la circolarità della pedalata e la sua cadenza mi danno spesso un’idea per scrivere, soprattutto con la “metrica” del suo incedere.

La sua magia? Ti fa cogliere le sfumature ed il trasformarsi delle cose in un tempo concepibile, né troppo lento e neppure troppo veloce come quando sei in auto. Per mezzo della bici ho sempre attraversato dialetti, sfumature in ogni parte d’Italia».


Quanto cambia il paesaggio da uno scollinamento all’altro? 
«Il paesaggio e anche le persone cambiano, ovunque nelle vostre Marche avete panorami e persone fantastiche, teatri piccoli e che ti accolgono come vecchi amici che ti stavano aspettando. E allora alla sera il teatro diventa “tuo”, un pezzo della tua casa. Non esiste da nessuna altra parte d’Italia».

 
Brassens, Ferré, Vian, i miti che ispirano i vostri spettacoli. Chi la ispira di più?
«Leo Ferrè, un poeta sublime, un grandissimo musicista, un uomo che ha scritto testi meravigliosi e visionari. Ma mi trovo bene nella quotidianità, non ci crederà ma per me la civiltà non è mai stata bella come oggi, al netto della pandemia. Abbiamo tutti gli orrori alle spalle, lo sfruttamento minorile e il trattamento ignobile delle donne, gli operai, in questo senso abbiamo superato tutto o quasi. Pagine che sono state furiosamente cattive, inaccettabili, che io considero una conquista civile. Comunque ritornerò in teatro con “La fisarmonica verde”, in gennaio, ed uscirà un libro in cui parlerò anche di mio padre, che fu prigioniero, a vent’anni, in un campo prigionieri nazista».

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