ANCONA - Negli spazi a piano terra dell’Istituto d’Arte Mannucci di Ancona, dove, a metà degli anni ‘60, l’architetto Paola Salmoni si aggirava, casco giallo in testa, a dare indicazioni al capomastro, oggi una mostra ne ricorda la vita e i progetti. Inaugurata l’anno scorso, per celebrare il primo centenario della nascita della Salmoni, l’esposizione sarà visitabile fino al 28 febbraio.
La prima donna
«Una proroga doverosa – osserva il dirigente del Mannucci, professor Francesco M. Orsolini – per l’importanza che questa professionista, la prima donna iscritta all’Ordine degli architetti di Ancona, ha rivestito nella storia della ricostruzione della città, con la redazione, assieme a Giovanni Astengo, del nuovo Prg; la progettazione, con Gilberto Orioli e Pericle Fazzini, del Monumento ai Caduti della Resistenza; i suoi interventi per la ricostruzione post-sisma; la progettazione di moltissimi edifici privati e pubblici». Tra questi ultimi, spicca appunto l’Istituto d’Arte Mannucci, con il quale la Salmoni vinse il premio Inarch. «Doveroso, quindi, oltre che motivo di orgoglio – continua Orsolini – che fossero proprio i docenti del corso di Architettura di questa scuola, coadiuvati attivamente dagli studenti, ad allestire una mostra su di lei, in collaborazione con l’Archivio Salmoni e il Centro studi per il Territorio e la Città».
Il fulcro
La sezione più rilevante è dedicata al progetto del Mannucci, il cui grande disegno su carta da lucido spicca appuntato sullo stesso tavolo, su cui l’architetto ha ideato tanti edifici. Lì accanto, un video rimanda un filmato realizzato per l’occasione, in cui una studentessa, che interpreta la parte di una giovanissima Paola Salmoni, visitando gli ambienti dell’istituto, affollato di ragazzi all’opera, si emoziona nel constatare la funzionalità degli spazi da lei progettati. Sulle pareti, i disegni esecutivi, che rivelano la coerenza delle linee e l’originalità dell’impianto, in un complesso che, sviluppato su un asse longitudinale, tradisce le suggestioni dell’architettura navale. Addossato alla collina, che culmina con la Cittadella, l’edificio deve avere presentato non pochi problemi nella progettazione, brillantemente risolti su vari piani, tra loro collegati da scale contrapposte, dal seminterrato affacciato sul verde di via Buonarroti, ai vasti ambienti di sottotetto, rigorosamente terminanti in spigoli vivi.
La firma
Con l’arditezza “logica” delle forme, il cotto a vista, tra i materiali privilegiati dalla progettista, identifica immediatamente la sua “firma”.