La scala dai sette gradini con una valenza mistica, è l’emblema di completamento e perfezione

Anna Maria Morsucci
Anna Maria Morsucci
di Anna Maria Morsucci
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Venerdì 30 Luglio 2021, 19:49

ANCONA - La scala, in ambito cristiano, è il simbolo dell’unione tra cielo e terra, ovvero della possibilità per l’uomo di ascendere al divino. Molto nota è la visione che Giacobbe ha in sogno, descritta nel libro della Genesi, in cui racconta di una scala sulla quale gli angeli salgono e scendono, testimonianza della comunicazione tra Dio e l’uomo.

La scala indica una ascensione graduale attraverso degli stadi spirituali di cui gli scalini segnano le tappe. Dapprima l’uomo è legato ai beni terreni, ma giunto alla fine del cammino è legato al mondo celeste. Il passaggio comporta l’aver acquisito una serie di virtù e qualità.

Le tre “virtù teologali” – fede, speranza e carità – e le quattro “virtù cardinali” – fortezza giustizia, prudenza e temperanza – che insieme formano una struttura settenaria. Il numero sette ha una valenza mistica ed è l’emblema del completamento e della perfezione.

Nel Medioevo si pensava perciò che il cielo fosse diviso in sette sfere concentriche ciascuna collegata a un pianeta (dal Sole a Saturno). Questa idea, usata anche da Dante per la Divina Commedia, si rifà al filosofo greco Platone e descrive l’ascensione dell’anima che, a partire dal mondo sensibile, si eleva, di gradino in gradino, verso l’intelligenza divina.

Un percorso che vediamo anche nella sequenza dei Tarocchi che descrivono un viaggio dal mondo fisico fino alla completezza e alla perfezione spirituale. 


Arcani e Archetipi
Come abbiamo già spiegato in queste pagine parlando di Archetipi, lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung padre della psicologia analitica, ritiene che alcune immagini, concetti e situazioni siano in qualche modo innate nella mente umana, o meglio, derivino da un inconscio collettivo, condiviso, ereditato assieme al patrimonio genetico.

Questo lo ha portato a teorizzare che il funzionamento dell’inconscio, ovvero delle attività mentali non presenti alla coscienza di un individuo, si basi su modelli universali – gli archetipi - comuni a tutta l’umanità in ogni parte del mondo.

Durante un seminario sull’immaginazione attiva, ovvero sul metodo di dare forma alle immagini dell’inconscio, si espresse sull’argomento Tarocchi che definì archetipi di trasformazione personale. Per Jung i Tarocchi sarebbero immagini dell’inconscio alle quali si può applicare un metodo intuitivo che ha lo scopo di comprendere il flusso della vita, e forse anche di predire eventi futuri, in ogni caso eventi che si prestano alla condizione del momento presente. Quindi Tarocchi non per predire il futuro ma per stare nel “qui e ora”. 


I 3 in settenari
Secondo il saggista e storico delle religioni Joseph Campbell, profondo conoscitore di Jung, tutte le storie, le fiabe, i racconti popolari si basano sui miti, che non sono altro che modelli di storie universali. Questi miti rispondono tutti allo stesso codice narrativo che si rifà al concetto di “viaggio dell’eroe” che è la metafora del viaggio della vita di ogni persona. L’eroe è dunque chi parte per l’avventura e riesce a portare a casa la risposta che dà nuova vitalità e consapevolezza alla sua vita e alla comunità.

Per Campbell i Tarocchi sono una emanazione di questo background culturale. I 22 Arcani Maggiori descrivono le molte sfaccettature che caratterizzano la vita. Nei primi sette prende avvio il viaggio terrestre e ci imbattiamo in situazioni che definiscono il nostro posto nel mondo. Nella seconda sequenza, dobbiamo formare il nostro carattere definendo i sentimenti, i ritmi, le priorità, i valori e le regole. Nella terza, acquisiamo una nuova consapevolezza e scopriamo di essere parte di un Tutto che è molto più grande di noi.

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