Rivelazione del professor Dal Pozzolo: «Ritrovato il San Sebastiano del Lotto, era in una chiesa»

Rivelazione del professor Dal Pozzolo: «Ritrovato San Sebastiano del Lotto, era in una chiesa»
Rivelazione del professor Dal Pozzolo: «Ritrovato San Sebastiano del Lotto, era in una chiesa»
di Lucilla Niccolini
4 Minuti di Lettura
Sabato 28 Gennaio 2023, 06:00

Lorenzo Lotto ha legato il suo nome alla città di Ancona: vi trascorse gli ultimi anni di vita, prima di andare a morire a Loreto dove, nel 1554, si era fatto “oblato” della Santa Casa. E ad Ancona, dove si conservano due splendidi dipinti, oggi, alle 17.30, nella Pinacoteca Civica Podesti, la figura del pittore sarà al centro di un conversazione con Enrico M. Dal Pozzolo, autore di un ponderoso catalogo, edito da Skira, dell’intera produzione del Lotto.

 
Professor Dal Pozzolo, l’evento annuncia “qualche novità anconetana”. Qualche anticipazione?

«Durante i lavori per la preparazione del libro, ho potuto visionare un San Sebastiano, appartenente a una collezione privata, attribuito al Lotto.

Ora, una volta sottoposto a indagini diagnostiche e a un accurato restauro, a cura di Antonio Bigolin, il dipinto ha rivelato affinità con il San Rocco, esposto a Urbino, alla Galleria Nazionale delle Marche. L’ipotesi che appartengano entrambi al dipinto realizzato dal Lotto per la chiesa anconetana di Santa Maria Liberatrice, poi smembrato, uscirà tra qualche giorno sulla rivista internazionale Artibus et historiae. Ma intanto, mi piace offrire proprio ad Ancona un’anteprima».


Il catalogo da lei curato può considerarsi un punto fermo della tradizione lottesca. È il traguardo dei suoi studi sul pittore veneto?
«Mi ha sempre affascinato, perché può considerarsi uno dei grandi “marginali”, che ha avuto il coraggio di prendere posizioni originali, inerpicandosi, con ricerca personale, per strade non convenzionali. E di cambiare, nel tempo. Lo stesso fece Tiziano, che però, a differenza del Lotto, non ha sofferto per le sue scelte, d’avanguardia. Il nostro ha interpretato la necessità, per sopravvivere, di dipingere su committenza, senza negare l’evoluzione del suo modo di guardare il mondo. È partito da un punto, per arrivare a un altro, imprevedibile. Anche questo caratterizza un genio».
Un gran cimento, la redazione del volume?
«Fin dalla tesi di laurea, dedicata al giovane Lotto, ho accumulato moltissimo materiale, cui si sono aggiunti, nel frattempo, migliaia di studi di storia dell’arte, che un lavoro come questo deve prendere in esame, con un metodo il più rigoroso possibile. Ci sono voluti tre, quattro anni di “studio matto e disperatissimo”, per portarlo a compimento. Mi sono potuto avvalere, per il censimento delle opere perdute, della collaborazione preziosa di una specialista marchigiana come Marta Paraventi, che sarà con me all’incontro di Ancona. E di due giovani studiose, Raffaella Poltronieri e Valentina Castegnaro».
Lei ha curato anche due grandi mostre del Lotto: una per il Prado e la National Gallery di Londra, l’altra a Palazzo Buonaccorsi di Macerata. Cos’hanno significato per lei?
«Un riconoscimento degli studi compiuti. Sono state due esperienze per me rivelatrici. All’estero, contrariamente a quel che si pensa, una volta accettato un progetto, le autorità lasciano la massima libertà, e anche le imprese più complesse diventano semplici. Da noi, succede l’opposto, a causa della burocrazia, ma anche della politica. Troppi ritardi e condizionamenti. Comunque, quella di Macerata è stata un’avventura magnifica, anche per il rapporto di collaborazione che si è creato con le località che custodiscono molte opere del Lotto: Urbino, Ancona, Loreto, Jesi, Recanati, Mogliano, Cingoli e Monte San Giusto».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA