Niccolò Fabi ospite de La Mia Generazione Festival alla Mole di Ancona: «Vi farò una bella sorpresa»

Il cantautore romano Niccolò Fabi
Il cantautore romano Niccolò Fabi
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Sabato 11 Settembre 2021, 08:48 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 08:41

ANCONA - Il viaggio di Niccolò Fabi arriva ad Ancona. Questa sera l’artista romano sarà ospite della seconda e ultima serata de La Mia Generazione Festival, alla Mole Vanvitelliana di Ancona. Una conclusione in grande stile che vedrà alternarsi sul palco ben cinque voci maschili: oltre a Fabi sono previsti Gianluca De Rubertis, Francesco Bianconi, Diodato e Mauro Ermanno Giovanardi. E lo spettacolo musica e parole del cantautore romano è tra i più attesi della serata.
Niccolò, quale sarà l’anima del suo show ad Ancona?

 
«Sarà un viaggio fatto del mio linguaggio, della mia quotidianità. La musica dà senso alle mie giornate, come utente e come lavoratore della musica, ha dato la cadenza a tutta la mia vita negli ultimi 30 anni. Le canzoni sono solo canzoni, testimonianza di quello che ho vissuto».
Cosa porterà sul palco?
«Non ci saranno grandi effetti speciali, ma qualche piccola sorpresa. Ci sono un paio di pezzi che non faccio da molto tempo, alcuni che non ho mai realizzato dal vivo prima e altri che si ripetono, ma arrangiati in modo diverso. Per il resto il mio concerto vive di equilibri emotivi che non si possono stravolgere».
La scaletta cambia di data in data?
«A me non piace cambiare. Una volta che ho trovato un racconto, è come uno spettacolo teatrale: non è che dici dai, oggi nel secondo atto togliamo questa parte e ne mettiamo un’altra. La mia problematica è trovare nella scaletta il giusto equilibrio, ecco perché magari nelle prime date faccio degli aggiustamenti. Ma poi il viaggio resta uguale e l’emozione si rinnova comunque ogni sera».
Com’è stato tornare in tour?
«È una gioia vedere la macchina ripartire, trovare spettatori felici di poter rivivere questo momento così simbolico dell’aggregazione emotiva e fisica che è il concerto. Personalmente sono abituato a trascorrere del tempo lontano dal palcoscenico, alle pause, e penso che gli artisti, o almeno i più famosi, possano permettersi anche economicamente uno stop e farlo risultare fruttuoso. Ma per un fonico da palco, per un backliner, non c’è creatività nello stare fermi. E’ solo una menomazione, una preoccupazione».
Come hai vissuto questo periodo da un punto di vista personale e artistico?
«Personalmente l’aspetto che è mancato meno è proprio quello del musicista, perché non vivo di solo palco e anche in passato mi è capitato di fare lunghe pause tra un tour e l’altro. E’ indubbio che veniamo tutti da un inverno molto lungo, e adesso c’è bisogno di un po’ di primavera».
E invece cosa le è mancato di più?
«Ciò che è mancato più di ogni altra cosa è la condivisione. Adesso c’è il desiderio di riappropriarci della dimensione che ci fa stare l’uno accanto all’altro: la rappresentazione storica più antica dello stare insieme. È un momento molto difficile e non sappiamo a livello macroscopico le reali conseguenze che questa pandemia lascerà».
Il suo ultimo disco è del 2019: è ancora fresco? O fa parte del passato?
«Già, è uscito da un anno e mezzo ormai e le sue canzoni sono finite in quel grande cassetto da cui attingo cose senza stare a guardare l’anagrafe».

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