La musica che guarisce l'anima, ecco le note che ci avvicinano all’universo, al cosmo e al tutto

Anna Maria Morsucci
Anna Maria Morsucci
di Anna Maria Morsucci
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Venerdì 13 Agosto 2021, 15:56

ANCONA - A Porto Recanati si è tenuta l’ultima tappa estiva del tour di uno dei cantautori più importanti del panorama musicale: Angelo Branduardi. Un autore che è per la musica l’emblema vivente di una scrittura metafisica e spirituale, passando dalla tradizione classica a quella medievale italiana a quella celtica anglosassone. Lo spettatore, ascoltando le sue canzoni è esortato a elevare il proprio pensiero e a riflettere, secondo le parole dello stesso autore, «sulla canzone sacra ma non devozionale». «L’universo, il cosmo e il tutto non è extra nos ma intra nos, non è fuori di noi ma all’interno di noi. Che è poi, incredibile ma vero, anche una delle basi della fisica moderna». Branduardi ha messo in musica anche il Cantico delle creature di Francesco d’Assisi che è il testo poetico più antico della letteratura italiana.
La ricerca del peggiore
«L’idea di mettere in musica le parole di Francesco d’Assisi non è stata mia…», introduce al pubblico il Maestro. E spiega: «Si presentarono quattro giovani frati da me a casa e mi dissero: noi pensiamo che tu sia quello adatto permettere in musica Francesco e non vorremmo un disco devozionale ma filologico, virgola per virgola». I frati gli avevano portato, come riferimento, millecinquecento pagine, fra i quali spiccano i fioretti «che sono l’opera più poetica del cristianesimo», continua a spiegare il Maestro. Quando stavano per andarsene, Branduardi li fermò e, parole sue, «gli rivolsi la domanda fatale: perché lo chiedete a me, che sono un peccatore? Loro mi risposero che tutti lo sono ma gli artisti un po’ di più, perché devono trasgredire per andare oltre, per vedere cosa c’è al di là del muro, al di là della porta chiusa». Alla fine i frati ammisero che: «Noi lo chiediamo a te, perché Dio sceglie sempre i peggiori. E quindi mi avevano trovato».
Suonare con il Maestro
Non parleremo di quanto sia stato bello il concerto – lo è stato – perché queste non sono pagine di critica musicale.

A concerto concluso, abbiamo chiacchierato con uno dei musicisti che accompagnano Branduardi nel tour, per avere dall’esperienza in prima persona di cosa voglia dire, oggi, suonare un certo tipo di musica. Antonello D’Urso, il giovane e talentuoso chitarrista che con dedizione e passione ha suonano tutti i pezzi storici proposti nel concerto, ma anche pezzi inediti, è anche docente di Chitarra Pop in ben due conservatori: quello i Trapani e di Benevento. Lui è fra i primi a provare un pervasivo senso di Meraviglia suonando le canzoni del Maestro. Quando gli abbiamo domandato come sia suonare con Branduardi e quali insegnamenti ha avuto dall’esperienza dice: «Lui non spiega molto e lascia che sia la musica la vera maestra». Arrivato quasi per caso a suonare dal vivo con Branduardi, a causa di una sostituzione in extremis, D’Urso si è trovato dall’oggi al domani catapultato in quello che è il mondo di un artista che ha fatto, e continua a fare oggi, la storia della musica italiana. «Anche per noi professionisti che suoniamo durante i concerti, la parte spirituale di quelle canzoni ti arriva con naturalezza». Riflettendo sul fatto del panorama moderno musicale, gli domandiamo se oggi c’è ancora spazio per una musica come quella di Branduardi ma non solo sua, D’Urso risponde. «Secondo me lo spazio c’è sempre. Ci deve essere e ci sarà. Potranno esserci momenti in cui saranno canzoni meno, passatemi il termine, Alte ma alla fine il raccontare la nostra epoca in modo riflessivo è quasi un dovere morale». E vedendo la passione che il pubblico ha provato durante il concerto non si può che dargli ragione perché quella che poteva essere un’operazione di revival, alla fine, è stato un atto d’amore vitale e ancora freschissimo come solo un grandissimo cantore può proporre.

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