Majorino al Kum! Festival intitolato “Come ripartire. Cantieri” che si apre ad Ancona: «Edificare di nuovo si può»

L’eurodeputato Pierfrancesco Majorino
L’eurodeputato Pierfrancesco Majorino
di Lucilla Niccolini
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Venerdì 15 Ottobre 2021, 04:50

ANCONA - “Ricordare e immaginare” è il più icastico e illuminante, tra i titoli degli oltre 30 incontri che si susseguiranno nella tre-giorni di Kum!, da oggi alle 11 alla Mole. L’ha dato Pierfrancesco Majorino alla sua conversazione, che chiuderà la seconda giornata del festival, domani sera alle 21,30 in Auditorium.
Ricordare il passato e immaginare il futuro, Majorino, è fondamentale, per affrontare il presente, per capire “Come ripartire. Cantieri”, il tema di quest’anno di Kum!. È corretta l’interpretazione?
«Siamo pervasi dalla voglia di ricostruire: per questo è così giusto l’argomento che affronteremo ad Ancona. Edificare il nuovo si può, analizzando quel che è successo, ma senza rimuovere il fatto inconfutabile che ha radici in un modello di sviluppo, che non è mai stato seriamente messo in discussione. E che ha rivelato errori enormi, non solo nel sistema socio-sanitario. La mia sarà una riflessione sulla necessità di ripartire, ma non tirando semplicemente una riga. Possiamo essere ottimisti: siamo tentati dalla speranza, affamati di domani, ma non basta sperare, bisogna riflettere. E agire».
Da eurodeputato Pd e, prima ancora, da assessore a Milano, lei si è sempre occupato dei più deboli. Una priorità dovuta al suo colore politico?
«Il sostegno di poveri ed emarginati è stato rivendicato anche dalla destra, in Italia. Ma non si può scegliere, tra gli “esclusi”, sobillarli gli uni contro gli altri: italiani contro immigrati. Per superare questa dicotomia ci vuole un pensiero radicale, davvero progressista, meno moderato. E il punto è anche un altro».
Quale?
«Non basta avere compassione dei più vulnerabili, gli emarginati, ma si deve tentare una seria opera di promozione e riscatto, sostenere le persone e aiutarle a uscire dallo stato di bisogno. E questo implica scelte, strategie e risorse. I più deboli sono quelli più poveri e soli, italiani e stranieri».
Tra i deboli includerebbe i giovani?
«Adesso sì. Sono quelli che rischiano di pagare il prezzo più alto, almeno sul piano dell’occupazione. Ma anche a causa di un sistema formativo molto ingessato, che non garantisce più l’ascensione sociale, nelle grandi città come nelle piccole».
Lei torna ad Ancona, dove ha pubblicato due romanzi, “Dopo i lampi vengono gli abeti”, del 2005, e “Togliendo il dolore dagli occhi” (2011), con la casa editrice PeQuod. Un legame forte.
«Ammiro Marco Monina, un vero talent scout letterario, e mi piace molto la città, sobria e affascinante.

Per non parlare della sindaca Mancinelli, una delle migliori d’Italia».

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