Leoni aprirà ad Ancona il Kum! Festival intitolato “Cantieri”: «Nessuno ha verità in tasca, dobbiamo cercare di costruire nuovi saperi»

L’antropologo Federico Leoni
L’antropologo Federico Leoni
di Lucilla Niccolini
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Domenica 10 Ottobre 2021, 12:07

ANCONA - Coordinatore scientifico, con Massimo Recalcati, di Kum! Festival, l’antropologo professor Federico Leoni lo affiancherà nella seduta di inaugurazione, alle 11 di venerdì 15 ottobre, all’Auditorium della Mole di Ancona. “Come ripartire. Cantieri”, s’intitola l’edizione 2021. 
Perché avete scelto la parola “cantieri”?

 
«L’idea era di fare un festival non di lezioni magistrali. La storia recente ci insegna che non c’è un sapere dato, da trasmettere con sicumera. L’esperienza spesso prescinde da sicurezze, e le mette in forse. Dobbiamo quindi cercare di costruire altri saperi e istituire nuove pratiche, insieme. Anche gli scienziati sono davanti a un grande punto di domanda, e ogni individuo è chiamato a interrogarsi. Non possiamo più applicare paradigmi scontati, altrimenti ripartire significherebbe tornare al punto in cui eravamo prima della pandemia. E non è questa la soluzione. Si deve ripartire da zero, inventare qualcosa di inedito». 
Eppure, a discutere sui vari temi della “ricostruzione”, avete chiamato quelli che sono ritenuti detentori della scienza.
«Sì, ma cercando di evitare la “lezione” di chi crede di avere la verità in tasca. Si spera, ovviamente, che riescano a esporre delle verità: intendo al plurale, perché se esistesse una sola verità, da molti sarebbe irricevibile. “Le” verità devono essere messe in gioco, sia dall’alto che dal basso: non certezze, ma basi per costruire».
Domenica 17 ottobre, lei terrà la conversazione “Metafisica dei vaccini”, un titolo all’apparenza astruso. 
«È provocatorio, avere abbinato i due termini, contraddittori. La metafisica è la scienza antichissima di ciò che travalica la fisica. E i vaccini sono quanto di più reale, e contingente. Ma la questione è che il vaccino, oltre a essere un presidio sanitario e medico, pone domande su cui facciamo fatica a ragionare. Ci accorgiamo di una cosa, da sempre sotto i nostri occhi, ora portata all’evidenza: la mia salute dipende dalla tua. E il mio corpo può essere sano, solo se vi si introduce un estraneo, se viene contaminato dalla malattia. Saltano le categorie tradizionali e rassicuranti. Il vaccino è uno strumento acquisito da tempo, ma l’uso resta problematico, dal punto di vista etico e antropologico». 
“La mia salute dipende dalla tua”: uno schiaffo all’individualismo dilagante?
«La domanda cruciale è: si può definire, l’individuo, il mattone di base della società? Siamo davanti a un’emergenza che mette in discussione ciò cui siamo stati educati. Si tratta di una battaglia attorno alla realtà dell’individuo, non risolta, sopita per tanto tempo. È in corso una rivoluzione non solo scientifica, ma anche politica, ma per vie inattese, attraverso una rivoluzione biologica, indotta dalla pandemia». 
Attraverso il dialogo. Eppure, nelle edizioni precedenti di Kum!, non era lasciato molto spazio al contraddittorio in sala.
«La formula è sempre stata quella di incontri a due o a quattro, con pluralità di voci.

Il dialogo col pubblico si svolge di consueto fuori scena, nella libreria o al bar. Abbiamo notato che, quando si chiede al pubblico di intervenire in sala, il dialogo risulta adulterato dai “riflettori”. A margine, invece, nel backstage, la discussione continua con una diversa libertà. Il vero festival è “intorno” al festival». 

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