Di Cioccio pronto a sbarcare ad Ancona per il concerto alle Muse: «Siamo la Pfm, impastiamo note»

Di Cioccio pronto a sbarcare ad Ancona per il concerto alle Muse: «Siamo la Pfm, impastiamo note»
Di Cioccio pronto a sbarcare ad Ancona per il concerto alle Muse: «Siamo la Pfm, impastiamo note»
di Saverio Spadavecchia
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Martedì 18 Ottobre 2022, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 20 Ottobre, 12:30

ANCONA - Mezzo secolo di storia raccontato in poco più di due ore di concerto: la Pfm è pronta a incantare il pubblico anconetano del Teatro delle Muse. Giovedì la band di Franz Di Cioccio viaggerà attraverso il tempo, con nuove sonorità che faranno sentire lo spettatore nel presente, ma allo stesso tempo proiettato verso il futuro. Il sipario del teatro dorico si alzerà alle 21, e proprio Franz Di Cioccio ha raccontato cosa succederà durante l’imminente spettacolo marchigiano.


50 anni dal vostro debutto discografico, una storia che inizia però anni prima con i “Quelli”, passa attraverso i “Krel” e arriva e si afferma con il nome Pfm. Quale è stato il momento decisivo prima del debutto?
«In quegli anni stavano cambiando tante cose e noi volevamo esprimere la nostra musica in un ambiente che voleva creare qualcosa di nuovo. Avevo una agendina piena di numeri di musicisti, e una volta trovati quelli giusti ho detto: “Cambiamo nome e facciamo la nostra musica”. In quel momento era importante fare una band con le proprie idee».

 
Come mai il nome Premiata Forneria Marconi?
«Il nome deriva una panetteria di Brescia, ci è venuto in mente perché anche noi come gli artigiani che impastano il pane, impastavamo note. Quindi ecco “Forneria Marconi”, abbiamo poi aggiunto “Premiata” perché il nome sarebbe rimasto in testa perché indimenticabile. Poi è diventato Pfm perché all’estero, in Inghilterra, non riuscivano a pronunciare il nome completo e hanno invento l’acronimo. Dopo 50 anni però siamo ancora “impastatori di musica”, sempre diversa».


All’Inghilterra però è legato anche un curioso e imprevisto “incontro”, vero?
«Sì perché mentre stavamo provano alla Royal Albert Hall di Londra, prima di un concerto, abbiamo scoperto che la Regina Madre si era fermata ad ascoltare le nostre prove perché colpita dal suono del moog, uno strumento dal suono davvero particolare e per lei del tutto nuovo».


Un tour che vuole raccontare la vostra musica, in tutte le vostre fasi. Quanto è difficile fare una scaletta?
«Abbiamo attraversato tante storie e fasi.

Dobbiamo scegliere per forza dei brani, faremo uno spettacolo che ci rappresenterà. Faremo però un concerto particolare partendo dal nostro ultimo album “I Dreamed of Electric Sheep - Ho sognato pecore elettriche” fino a ritrovare le nostre radici».


Il vostro ultimo album, così come il penultimo, è uscito per Inside Out Music, l’etichetta europea di riferimento per il progressive rock e metal. Tra le loro fila possiamo trovare anche Yes, Jethro Tull, Dream Theater ed il Banco del Mutuo Soccorso. Come siete entrati in contatto con loro?
«Perché i nostri lavori sono sempre piaciuti, abbiamo un grande manager che ci supporta e poi perché abbiamo sempre avuto un progetto di musica e siamo sempre stati coerenti. Nell’ultimo disco poi abbiamo avuto il piacere di avere come ospiti Ian Anderson dei Jethro Tull e Steve Hackett, storico chitarrista dei Genesis. Frequentando certi ambienti si riescono a creare conoscenze e legami. Quindi a volte può bastare solamente una telefonata per avere presenze di questo tipo».

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