Nino D’Angelo fa tappa alle Muse di Ancona con “Il Poeta che non sa parlare”: «Canto sentimenti e valori»

Nino D’Angelo fa tappa venerdì alle Muse di Ancona con “Il Poeta che non sa parlare”: «Canto sentimenti e valori»
Nino D’Angelo fa tappa venerdì alle Muse di Ancona con “Il Poeta che non sa parlare”: «Canto sentimenti e valori»
di Elisabetta Marsigli
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Martedì 21 Marzo 2023, 07:10 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 14:26

ANCONA - Reduce da un tour estivo che ha fatto registrare ovunque sold out, Nino D’Angelo sarà sul palco del Teatro delle Muse di Ancona venerdì, 24 marzo, alle ore 21 con il suo “Il Poeta che non sa parlare – Tour 2023”, organizzato da Ventidieci. Cantautore, attore per il teatro e per il Cinema, produttore discografico e teatrale, D’Angelo è apprezzato da critica e pubblico per la sua poliedrica “anima artistica”, come uno dei più conosciuti rappresentanti della cultura partenopea. 
Quale il segreto di tanto successo? 
«Penso che sia la verità di quello che scrivo e dico: la gente ha paura di parlare di sentimenti e valori, soprattutto oggi, ma le persone hanno sempre amato le mie canzoni per la loro purezza. Questo è un momento molto bello della mia carriera: scoprire che ai miei concerti vengono quei giovani che ci sono stati da bambini, in braccio alle loro mamme, mi rende fiero e felice. Stare in mezzo ai giovani, cantare per loro, mi fa tornare ragazzino e per uno come me che ha alle spalle 50 anni sulle tavole del palcoscenico è qualcosa di meraviglioso». 

 
La canzone napoletana è sempre stata la madrina della canzone italiana: è ancora così o qualcosa è cambiato? 
«La cosa vera è che noi italiani siamo melodici, figli di Verdi e di grandi autori e compositori. La lirica è soprattutto italiana, ecco perché la canzone napoletana è apprezzata in tutto il mondo: cantanti come Bocelli si trovano spesso a cantare il repertorio napoletano che è molto vicino alla lirica. Canzoni del passato sono ancora recenti, ma la melodia resta nel nostro dna, non può mancare, nonostante il rap». 


Qualcuno dice che anche a Sanremo non ci sono più le vere canzoni… 
«A Sanremo non è più importante la canzone, ma il personaggio, il gossip. È diventato un prodotto ibrido, senza una linea precisa, ma solo con i giovani non lo puoi fare. Ricordo che quando partecipai con “Senza giacca e cravatta” volevano tradurre il mio testo “in italiano”, ma mi ribellai! Come si fa a tradurre una poesia che ha le sue rime in una lingua come il napoletano che ha già la musica dentro?».
E cosa è cambiato dal Nino D’Angelo di “’A storia mia (’O scippo)”, la sua prima canzone, ad oggi? 
«Ho attraversato più fasi. Nasco con le canzoni della sceneggiata, tanto che persino Merola a Domenica In disse che ero il suo erede, ma io non volevo farla la sceneggiata. Solo che allora te la facevano fare per forza, perché era la moda di quei tempi. Io volevo fare il cantautore e così mi inventai la canzone napoletana pop per i ragazzi di allora, riportando i giovani a riascoltare il dialetto napoletano nelle canzoni. E così ebbi il coraggio di non snaturarmi nemmeno a Sanremo: canto in napoletano, sono quello che lo faceva prima e lo farò sempre». 
Musica, teatro, cinema: c’è qualcosa che le manca da fare, qualche sogno nel cassetto? 
«Tutto quello che ho fatto l’ho fatto sempre per amore: nasco cantante e poi divento autore. Ho fatto il regista quasi per caso, portando in scena Viviani che ritengo nelle mie corde. La passione ti permette di fare le cose bene, anche se non sei portato, perché ci metti il cuore. Il mio sogno sarebbe interpretare una commedia di Eduardo, con un grande regista al mio fianco».
Conosce le Marche?
«Ci sono stato poche volte: una a San Benedetto del Tronto e una alle Muse, ma come attore, con L’ultimo scugnizzo». 
Che dire ai suoi fan marchigiani?
«Dove c’è il mare c’è sempre tanta musica.

La gente di mare ama l’uguaglianza e non esistono differenze, soprattutto tra persone che vengono da altri mari. Dove c’è il mare ci si somiglia sempre».

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