Cirillo in scena con il dramma di Albee
«George, Martha e il figlio immaginario»

Arturo Cirillo sul palco con Milvia Marigliano
Arturo Cirillo sul palco con Milvia Marigliano
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Mercoledì 5 Aprile 2017, 12:05
ANCONA - Ultimo appuntamento, questa settimana, della stagione di prosa 2016/2017 di Marche Teatro. “Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Edward Albee è da stasera (ore 20,45) al teatro Sperimentale di Ancona fino a domenica (ore 16,30). La regia è di Arturo Cirillo, che lo interpreta accanto a Milvia Marigliano. Accanto al loro recitano, nel ruolo della coppia di due giovani accademici, Valentina Picello ed Edoardo Ribatto.
Il testo è tradotto da Vittorio Capriolo, le scene sono di Dario Gessati, i costumi di Gianluca Falaschi, le luci di Mario Loprevite. Marche Teatro partecipa alla produzione con Tieffe Teatro. Il commento musicale è composto da brani dalla colonna sonora del film “Bird”, assieme alle composizioni alla batteria del compositore latino americano Sanchez, con una canzone di Tina Turner e un passo di Beethoven, come da indicazioni di Albee. La fine è sottolineata dalla struggente “Iris” di Wim Mertens.
Dopo “Zoo di vetro” di Williams, perché questo testo?
«È il secondo di una trilogia americana, programmata con il teatro Menotti di Milano, che si concluderà con la “Lunga giornata verso la notte” di O’Neill. Tutti e tre interpretati con Milvia Marigliano accanto».
Un testo molto amato?
«All’inizio no. Più lo leggevo, e meno mi sembrava di entrare nella dinamica dei personaggi. Non riuscivo a spiegarmi la follia del protagonista maschile, l’invenzione di un figlio immaginario. George e sua moglie Martha sono degli intellettuali: che senso ha? mi dicevo. Poi, a poco a poco ci sono arrivato, anche confrontandomi con gli aspetti interiori, miei e di Milvia. E mi è apparso come il disperato ritratto di un amore».
Amore? Non è la storia di uno scontro continuo, davanti ai due giovani allibiti?
«All’inizio leggevo solo il gioco al massacro, tra loro. Ma in realtà nel testo c’è la declinazione di una relazione amorosa. Si coglie che la scelta di George, di “uccidere” il figlio immaginario, serve soprattutto a liberare lei da un’ossessione. Alla fine restano soli, ma si dovranno bastare l’un l’altra. È una riflessione sulla vecchiaia, dopo aver attraversato tradimenti e violenze. Mentre ormai albeggia, scoprono una nuova tenerezza».
 
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