Sei storie sull'immigrazione a passo
di danza col coreografo Silvestrini

Sei storie sull'immigrazione a passo di danza col coreografo Silvestrini
di Lucilla Niccolini
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Venerdì 24 Novembre 2017, 15:11
Sei storie di migrazione, raccontate con il corpo che danza e con lo humour della lingua britannica. “Border Tales”, lo spettacolo che va in scena stasera alle Muse di Ancona, porta la firma di un coreografo jesino, Luca Silvestrini.

Come nasce “Border Tales”?
«Sono anch’io un migrante, a Londra da oltre vent’anni. Attorno al 2012, quando in Gran Bretagna era premier Cameron, piuttosto critico sul concetto del multiculturalismo, ho riflettuto sul fatto che dopo tanto tempo ero ancora uno straniero, in un paese che conoscevo bene, dove avevo cominciato a lavorare. E quando tornavo in Italia, mi sentivo spaesato. Mi sono chiesto quale fosse la mia vera identità».

Insomma, uno forestiero nella terra di adozione, ma anche in quella di origine?
«Come si dice in inglese, ero “in between”, a metà, sul confine. Ho allora iniziato una serie di laboratori con gente comune, con interviste a persone di tutte le età, non solo in Uk, ma anche in Palestina, in Spagna, a Copenaghen, in Slovenia… Ed è nato questo progetto, che indaga sul sentirsi, appunto, in una terra di nessuno».

Quindi il suo è teatro politico?
«Provocatorio, ma in maniera leggera. Senza veramente prendersi sul serio, ognuno dei sei protagonisti ha una sua personale storia da raccontare, che assomiglia alle mille altre raccolte nelle mie interviste. C’è per esempio un ragazzo nato in Inghilterra da genitori cinesi, che ha vissuto, come me, tutti i problemi della difficile integrazione tra culture».

Parole e danza. E la musica?
«I danzatori sono accompagnati dalla musica scritta da Andy Pink, un artista con cui lavoro spesso, eseguita da un colombiano bravissimo, Anthar Kharana, che canta in scena e suona parecchi strumenti molto diversi, esotici».

Perché “tales”, che vuol dire fiabe?
«Un’evocazione delle “Canterbury Tales” di Chaucer, storie con un pizzico della magia del reale. E “border” dà l’idea dello spazio tra due persone, oltre che del confine tra una nazione e l’altra, disegnato spesso arbitrariamente. Frontiere naturali e artificiali».

Uno spettacolo quantomai attuale!
«Abbiamo debuttato nel lontano 2014. Poi, nel 2016 lo spettacolo è stato invitato dal Bbc World Service a entrare nel programma Identity, ed è stato visto da milioni di persone in tutto il mondo. L’ho ripresentato questa estate per un mese di seguito al festival di Edimburgo, dove ha avuto uno strepitoso successo, perché tocca tematiche che sentono tutti, su cui tutti si interrogano: lo capisci da quanto se ne sente parlare, ovunque».

Luca, qual è la storia della sua migrazione?
«Da adolescente mi sono innamorato della danza contemporanea, la praticavo a Jesi con Luciana Zanetti alla sua scuola La Luna. Poi mi sono iscritto al Dams, continuando a seguire corsi di teatro. E per completare la mia tesi in Storia della danza su Isadora Duncan, sono stato alcuni mesi a Londra con l’Erasmus. Qui ho conosciuto un altro mondo, e dopo la laurea ci sono rimasto. Mi sono iscritto e diplomato al Laban Center e nel ‘98 ho fondato la mia compagnia, Protein».

Come “proteina”?
«E come Proteo, la divinità del mondo greco capace di assumere ogni sembianza. Qualcosa in divenire, che insieme trasforma, vivifica e... si trasforma».
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