Antonella Ruggiero a Musicultura:
«La routine è la mia grande nemica»

Antonella Ruggiero a Musicultura: «La routine è la mia grande nemica»
di Stefano Fabrizi
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Venerdì 20 Aprile 2018, 13:36
Domani al Persiani di Recanati la presentazione dei 16 finalisti di Musicultura. Per l’evento l’ospite è di prima grandezza e assolutamente in tema con la filosofia del concorso: Antonella Ruggiero.

Ospite di Musicultura. Già conosce questa manifestazione?
«Certamente. È tra le più quotate nel panorama italiano per la serietà e la capacità di dare un palcoscenico alle nuove leve. E poi è stato proprio il palco di Musicultura che nel ’99 mi ha visto ritornare sulla scena musicale dopo sette anni di silenzio».

Sette anni. Come mai? E cosa ho fatto?
«Avevo bisogno di recuperare una mia dimensione. Dedicarmi agli affetti più cari. Viaggiare. Conoscere. Sperimentare. Mi ha particolarmente sedotto la conoscenza dell’India e della sua cultura. Ho seguito il mio istinto. L’ho sempre fatto e non mi ha mai tradito».

Una carriera la sua piena di tanti progetti. Partiamo da quello che le ha dato notorietà e da come da designer grafica è nata Matia e poi la formazione dei Matia Bazar. E perché dopo 14 anni di successi incredibili ha lasciato il suo gruppo.
«Una storia detta e ridetta. In pillole. Nel ’75 Genova, come altre città d’Italia, era una grande fucina musicale. Non è un caso che è nata la scuola genovese che ha dato personaggi incredibili come De Andrè e Lauzi, tanto per citarne due. E anche io ho sentito il richiamo della foresta insieme ai miei primi compagni di avventura: Carlo Marrale, Giancarlo Golzi (scomparsi ndr), Aldo Stellita e Piero Cassano. Per radio andavano forte gli artisti anglosassoni. E noi ci siamo posti su una scia… sperimentale. Sono stati 14 anni intensi e pieni di soddisfazioni. Poi, mi sono accorta che stava prendendo campo la routine: un disco all’anno, il tour, le ospitate. Tutto programmato. Troppo. E allora ho preferito interrompere».

Cosa è cambiato da allora a oggi per chi vuole fare musica?
«Tanto. Una volta era più semplice. Era più facile trovare una casa discografica, un produttore, avere la popolarità attraverso le poche radio che mandavano in onda i brani e i pochi canali tv che ti ospitavano. Ora l’offerta è fuori misura: è difficile emergere e il rischio è di fare la meteora».

Nel tempo i Matia Bazar hanno cercato altre voci: dopo lei ci sono state Laura Valente, Silvia Mezzanotte, la marchigiana Roberta Faccani e ora Luna Dragonieri.
Proviamo a fare una pagella?

«Ma non ci penso minimamente. Non faccio pagelle. I Matia Bazar sono un bel capitolo, ma chiuso. Le loro scelte sono appunto… loro».

Dicevamo dei suoi progetti, direi che in questi anni ha puntato molto su un repertorio sacro e sulla canzone-teatro, senza mai tralasciare la sperimentazione. Ce li racconta.
«Sono figlia unica e i miei genitori erano amanti della musica, di tutta la musica: così io fin da piccola ascoltava Verdi e Rossini accanto a Miles Davis e i Beatles. Un’infarinata che mi è rimasta nel cuore e nella mente. Ecco perché ora mi ritrova a sperimentare un po’ tutti i generi dal pop, al jazz, dall’elettronica alla musica sacra. La prima volta che nella chiesa Santa Maria di Castello ho ascoltato un organo sono rimasta folgorata: un suono pieno e dalle armonie celestiali. Questo incontro mi ha fatto avvicinare alla musica sacra aiutata da Fausto Caporali, con lui abbiamo fatto una ricerca sui brani che mi erano più congeniali e che sentivo più vicino al mio essere. E poi l’elettronica con tutte le suggestioni e le sperimentazioni che si possono fare».

Cosa presenterà a Recanati?
«Sarò sul palco con Renzo Ruggeri, un eccezionale fisarmonicista. Uno strumento una volta popolare ora diventato d’élite. E poi qui vicino c’è Castelfidardo, la capitale della fisarmonica».

Ed ora qual è la prossima evoluzione?
«In autunno uscirà un cofanetto, “Quando facevo la cantante”, con 6 cd per 110 brani. In ogni cd c’è un genere differente. Servirà per far conoscere la produzione fatta finora che ha seguito un solo schema: la libertà, quindi fuori da ogni… schema.

Per ultimo, la domanda classica: i suoi rapporti con la nostra regione.
«Sono venuta spesso e l’impressione che ne ho ogni volta è la stessa: è una terra bellissima, dove l’ospitalità è un principio che vale ovunque».
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