Il sogno azzurro di Ventotene
L'isola paradiso per sub e storici

Il sogno azzurro di Ventotene L'isola paradiso per sub e storici
di Lucilla Niccolini
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Mercoledì 27 Settembre 2017, 12:54
Per Giulia Maggiore, la condanna a risiedere a Ventotene fu una sciagura. Ma come si fa a crederlo, ora, mentre il traghetto accosta al porto di tufo in una calda mattinata di settembre? Era considerata una punizione terribile, quella che le inflisse il padre Ottaviano Augusto, ma quando si arriva alla villa che porta il suo nome, eretta su Punta Eolo, è facile pensare che Giulia sia riuscita ad apprezzare la pace di quest’isola, colorata dell’azzurro del mare, profumata dei mille aromi delle erbe selvatiche. Doveva essere una dimora bellissima, quella che oggi ai nostri piedi si squaderna tra il verde dei paccasassi, come chiamiamo nelle Marche il finocchio marino, se solo i quartieri degli schiavi, arretrati rispetto alla villa imperiale, hanno il decoro di stanze ariose e una vista panoramica celestiale. È la prima meta di ogni visitatore, la Villa Giulia, dove una guida locale dal grande sorriso ti proietta con le parole immagini di un passato fastoso, tra ninfei e altane.



La scuola di vela
Ci si arriva costeggiando la sabbia scura di Cala Rossano, dove ragazzi abbronzatissimi alano le derive in acqua per la scuola di vela. Ci si saluta tutti, a Ventotene, soprattutto in questa fine d’estate che ha vuotato l’isola di vacanzieri. I saggi che l’hanno eletta a rifugio della pensione non hanno l’aria di sentirsi disperati come i tanti confinati della storia. Si aggirano col Panama in testa tra i vicoli lastricati di basalto, con l’aria distratta e felice del bon vivant. Non sembrano ansiosi di salire sul traghetto che ogni mattina attracca qui, per ripartire nel pomeriggio alla volta di Formia, o sulle barche da crociera che dondolano nella brezza marina non lontano dalle vasche da cui i romani arricchivano i banchetti. Strati di storia e di vicende diverse si sovrappongono a ogni passo: i soldati borbonici della guarnigione del Castello, e gli assessori in borghese che oggi lo abitano; gli antichi agricoltori che la colonizzarono, gli eroici oppositori del Duce e i ragazzi alternativi che, a Ventotene, considerano luoghi di lavoro ideali un negozietto di souvenir o l’ufficio della Riserva marina.
Nelle due piazze limitrofe del borgo, stretto con le sue case rosa, gialle e azzurre attorno al Castello, all’ombra degli alberi mediterranei, i pensionati rispondono con cortesia alla giornalista del Tg che li intervista sull’accoglienza garantita dal sindaco ai migranti.



Gli immigrati
«Siamo tutti nipoti e pronipoti di immigrati, noi. Benvenuti, se no ci tocca chiudere la scuola». I romeni sono il 10% della popolazione residente e gli italiani sono eredi del ripopolamento borbonico dalla terraferma. D’estate la percentuale di “migranti” del turismo è molto alta e, per chi ha l’horror vacui, luglio e agosto sono una festa azzurra e bianca. Ma per gustare l’atmosfera di Ventotene, maggio, giugno, settembre e ottobre sono mesi benedetti, per aggirarsi dal porto al borgo, dall’alto delle rupi che degradano in mare alle spiaggiole dove il sole ancora scotta, dopo il bagno. Il panorama, per i sub, continua sotto il mare, a contemplare tra i misteri del relitto del Santa Lucia la vita delle tracine e delle castagnole sullo sfondo delle praterie di posidonia.
Dopo, trasferita l’attrezzatura dal gommone in una delle grotte del porto, ci si ristora sorseggiando un calice di Falanghina nei due o tre baretti annidati nel tufo. Nessuno invidia quelli che, trascinando di malavoglia il trolley, vanno a imbarcarsi per tornare sulla terraferma. Ventotene, isola di un sogno azzurro, addio.



Quei palloni di carta che si fanno simbolo
Mongolfiere come messaggi nella bottiglia: da quest’isola ogni anno, per la festa della patrona Santa Candida, partono verso il cielo decine di palloni di carta velina coloratissima, decorata con fantasia. Costruite dai ragazzi di Ventotene, salgono in cielo e si perdono nell’azzurrità di cielo e mare. Aerei come i pensieri di chi li vede salire lentamente, ondeggiando, i palloni, la cui tradizione si tramanda qui dall’800, sono diventati il simbolo di quest’isola, riprodotti su T-shirt e gadget, manifesti e facciate.
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