Sassoferrato, borgo riservato e fiero
come il pittore Giovan Battista Salvi

Sassoferrato, borgo riservato e fiero come il pittore Giovan Battista Salvi
di Lucilla Niccolini
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Mercoledì 4 Ottobre 2017, 16:40
SASSOFERRATO - Assomiglia al pittore cui ha dato il soprannome. Ne ha lo stesso stile riservato e fiero. Il genius loci, Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato si distingueva nella Roma barocca per la sua voce fuori dal coro, nel comportamento sociale, modesto e schivo, e nella ispirazione, lontana dalla rutilante espressività imperante nella Roma papalina del tempo.
E Sassoferrato, in provincia di Ancona, a sua volta, senza inseguire la promozione turistica con manifestazioni roboanti, tenacemente ricorre alla sua tradizione, con un elegante basso profilo: stupisce il visitatore per le sue attrattive, alcune evidenti, altre molto segrete.


 
La Rocca Albornoz
Simbolo della sua tranquilla originalità è la sua stessa forma urbis a stella, dalle punte allungate ora verso là in alto, ora a valle, abbarbicata com’è su dossi e speroni, verso la confluenza di due torrenti nel Sentino. In alto il Castello, in basso il Borgo, scanditi da chiese e palazzi insigni, che nascondono più di un museo.
La visita comincia con la colazione a Rocca Albornoz, immersa nel verde sulla vetta che domina la città, amena sentinella dei giochi dei bambini e di confidenze amorose. Ai suoi piedi, il Municipio, affacciato sul rettangolo allungato di piazza Matteotti, crea con il Palazzo dei Priori e Palazzo Oliva uno scenario da comune rustico. Fuori, la vita amministrativa si mescola alle chiacchiere degli anziani ai tavolinetti del bar. Dentro, nelle sale nobili dei Palazzi dei Priori e Oliva, l’arte e la storia si squadernano nella Civica Raccolta e nel Museo Archeologico: dalla pittura del Rinascimento, dove domina l’opera dell’Agabiti, alla ricca collezione di incisori marchigiani, dai reperti dell’antica Sentinum ai reliquiari bizantini e fiamminghi raccolti dall’umanista Perotti. Discreto e piccino, di grandissima finezza compositiva, l’icona di San Demetrio, miniatura musiva del Trecento, ne è il cuore sacro.
Da questa piazza, vincendo la tentazione di tornare alla Rocca per un aperitivo, si può scendere dietro la quinta degli alberi verso il fortilizio di Palazzo Montanari, aggrappato alla roccia in mezzo al verde, per esplorare il Museo delle Arti e Tradizioni popolari, un tuffo nel passato prossimo della vita dei campi di queste contrade, prima di calarsi, all’ombra di tigli, giù al Borgo, passando davanti alla chiesa di San Francesco, che la tradizione vuole sia stata fondata dal Santo di Assisi. Ve la trovate davanti, con bell’effetto scenografico, la facciata di bianchissima semplicità, orlata dai cinque archetti pensili. L’aula interna, sotto le capriate doppie, tutela gli affreschi trecenteschi, accanto ai dipinti del Ramazzani e del Guerrieri e alla Croce dipinta di scuola riminese.
 


La mostra
Qui, nel ‘90, Federico Zeri inaugurò la prima grande mostra dedicata da Sassoferrato al suo Giovan Battista Salvi. L’ultima, in ordine di tempo, ci aspetta più in basso, a Palazzo degli Scalzi: ha caratterizzato l’estate marchigiana, richiamando turisti innamorati di questo pittore le cui Madonne sono stata riprodotte in migliaia di santini, per la loro… devota bellezza. Ed è “La devota bellezza” il titolo della mostra, allestita da Stefano Papetti, con la consulenza di François Macé de Lépinay, il massimo studioso del Sassoferrato, attorno a ventuno disegni preparatori, custoditi nella Collezione Reale Britannica e gentilmente inviati in prestito dalla regina Elisabetta per l’occasione.
In un allestimento molto elegante, i disegni, tracciati con segno esile e autorevole su fogli delicati come ali di libellula, rimandano ai dipinti che vi corrispondono, tutt’intorno sulle pareti. La dolcezza pensosa e serenante delle Madonne e dei Bambinelli dipinti dal Salvi, quando uscirete di nuovo nel sole di piazza Gramsci, vi sembrerà di vederla sul viso di ogni ragazza in jeans, di ogni scolaretto festoso che torna da scuola, zaino in spalla.
 
Le istruzioni per l’uso
Fino al 5 novembre, “La devota bellezza” è aperta dalle 10 alle 19 (lunedì escluso). Per la conservazione delle opere, la temperatura nelle sale è di 20° gradi. Tre dipinti del Sassoferrato sono visibili a Santa Chiara, al Castello.
Info www.ladevotabellezza.it.


 
Passaggio a Cabernardi
Vale una gita, non lontano, il Parco Archeominerario di Cabernardi, che, col museo, documenta ottant’anni di lavoro duro nel più importante polo estrattivo dello zolfo d’Europa. Sono visitabili gli impianti, all’epoca di alta tecnologia.
Info www.minieracabernardi.it.
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