Neurochirurgo ex pugile: «Sei il cuore
ha qualche problema, lo ripariamo»

Neurochirurgo ex pugile: «Sei il cuore ha qualche problema, lo ripariamo»
di Federica Buroni
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Martedì 31 Ottobre 2017, 12:01
Sante Bucari, cardiochirurgo a Torrette. Una vita e passa tra corsie e pazienti, in una struttura, come quella degli Ospedali Riuniti di Ancona, oggi più mai all’avanguardia su molti fronti. Un professionista di spessore con il quale fare il punto su una disciplina, la cardiochirurgia, tra i fiori all’occhiello del nosocomio.

Cosa significa fare il cardiochirurgo?
«Significa aver voglia di innovarsi. La cardiochirurgia è in continua evoluzione e, grazie ai progressi della tecnologia, siamo in grado di operare sempre più anziani. Se, ad esempio, un paziente di 85 anni non può più essere sottoposto ad un intervento chirurgico “a cielo aperto”, si può prendere in considerazione la via endoscopica o il cateterismo. Le tecniche meno invasive vengono spesso percepite come vantaggiose da parte del paziente perché sono meno traumatiche dell’intervento classico. I risultati a breve sono sicuramente buoni e paragonabili tra le due tecniche . Per i risultati a distanza dobbiamo ancora invece attendere un po’».

A proposito del trapianto cardiaco, qual è la soluzione per rispondere al numero sempre crescente di persone in attesa?
«Il nostro centro non ha l’autorizzazione al trapianto cardiaco. Ci sono già troppi centri in Italia che hanno questa autorizzazione, paragonato al ridotto numero dei donatori. Il trapianto di cuore è un intervento spettacolare che fa presa sull’opinione pubblica ma non bisogna dimenticare che i progressi della medicina dei trapianti sono indissociabili da quelli compiuti nel campo dell’immunologia. Sono, infatti, questi ultimi che hanno permesso di prevenire e trattare i rigetti d’organo, con un miglioramento dei risultati a lungo termine. Per far fronte al numero crescente di pazienti affetti da insufficienza cardiaca grave, non trattabili con le tecniche standard e abituali cardiochirurgiche (come bypass coronarico, riparazione/sostituzione valvolare, ecc), oggi disponiamo di farmaci che possono dare buoni risultati in una buona parte dei pazienti. Agli altri, in cui i farmaci non sono sufficienti, è possibile proporre il trapianto cardiaco, in un contesto però di liste d’attesa, per la gia citata scarsità di organi».

Altre prospettive?
«Una prospettiva interessante consiste nei sistemi di assistenza ventricolare che sostituiscono i cosiddetti “vecchi” cuori artificiali, parzialmente o completamente impiantabili, che intervengono al posto del cuore malato o in parallelo ad esso. L’altro vantaggio è che questi sistemi sono disponibili al bisogno, diversamente dagli organi per i trapianti. Infine, la terapia farmacologica dopo l’impianto di un “cuore artificiale” si limita essenzialmente all’anticoagulazione, diversamente da quella associata al trapianto cardiaco, che è molto più complessa. Questi sistemi di assistenza ventricolare sono delle minipompe che pesano tra i 20 e i 180 g e che sono posizionate nel cuore o a prossimità di quest’ultimo. Una volta in sede, “bypassano” il ventricolo sinistro, incaricandosi del suo lavoro. Anche nel nostro ospedale da qualche anno è disponibile questo tipo di terapia, molto costosa e purtroppo ancora applicabile solo per pazienti super selezionati».



Che tipo di interventi effettuate a Torrette?
«Vengono trattate chirurgicamente tutte le patologie cardiache e cioè valvolari, coronariche, la chirurgia dell’aorta toracica e toraco-addominale, la chirurgia endoprotesica, le complicanze dell’infarto miocardico acuto con la rottura di cuore. E poi i difetti interventricolari e l’insufficienza mitralica massiva, i tumori cardiaci, alcuni tipi di aritmia».

Lei rappresenta un pezzo della storia della cardiochirurgia anconetana.
«La cardiochirurgia anconetana del Lancisi fu fondata nel 1968, tra i primi centri cardiochirurgici in Italia dal prof. Alfredo Palminiello che la diresse fino a luglio 1983. Dopo Palminiello, abbiamo avuto altri direttori come Daniel Astolfi, Giuseppe Di Eusanio e Lucia Torracca. Devo dire che in tutto questo periodo si e’ fatto un buon lavoro ed abbiamo avuto buoni risultati. Da circa un anno, il nuovo direttore è Marco Di Eusanio, figlio d’arte proveniente dalla scuola cardiochirurgica di Bologna e giovane cardiochirurgo».

Lavorare al fianco di D’Eusanio è un valore aggiunto?
«È di grande stimolo. Anche con il supporto della Direzione Generale degli Ospedali Riuniti di Ancona, Di Eusanio sta introducendo le più recenti e innovative tecnologie cardiochirurgiche, incrementando il numero e la qualità degli interventi cardiochirurgici eseguiti. Per alcune patologie, come la chirurgia dell’aorta toracica, il nostro centro sta diventando un punto di riferimento internazionale. Dal settembre 2016 ad oggi sono stati effettuati circa 1300 interventi con un tasso di mortalità pari all’1.7% a fronte di uno standard medio statunitense del 3.4% e con percentuali addirittura dello zero per cento nelle specialità della chirurgia valvolare, dell’aorta toracica e della chirurgia mininvasiva».

È originario di Arcevia
Sante Bucari, classe 1953, è un professionista dalle mille sfaccettature. Medico ma anche sportivo, pugile in particolare, uno sport per il quale ha anche avuto vari riconoscimenti. Bucari, originario di Arcevia, in provincia di Ancona, si è laureato in Medicina e Chirurgia nel 1980 ed è diventato cardiochirurgo ospedaliero nel 1983 presso il Lancisi e ora negli Ospedali Riuniti di Ancona. Vanta ben 2000 interventi come primo operatore e 54 pubblicazioni scientifiche come autore coautore. Ha anche svolto attività di docente presso l’Università degli studi di Ancona, nella scuola di specializzazione in Chirurgia toracica e vascolare dal 1992-93 fino al 2011-2012. Ma Bucari non è solo un grande medico professionista. Alle sue spalle, ci sono anche diversi anni dedicati alla pratica di pugile dilettante dal 1972 al 1976 con circa 70 combattimenti effettuati: è stato anche campione italiano assoluto dilettanti pugilato nel 1973 per pesi massimi, nel 1975 è stato campione italiano assoluto dilettanti pesi medi e, sempre nel 1975, ha ricevuto come riconoscimento la medaglia di bronzo ai Giochi del Mediterraneo di Algeri per pesi medio massimi.
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