Sunhouse e Irish Crone: «Telai
per 720 fili: la maglieria è sartoriale»

Sunhouse e Irish Crone: «Telai per 720 fili: la maglieria è sartoriale»
di Massimiliano Viti
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Giovedì 1 Febbraio 2018, 13:06
Disegnata a Cattolica, prodotta a Sant’Angelo in Vado e Montecosaro. La maglieria diventa sartoriale con i brand Sunhouse e Irish Crone, apprezzati soprattutto nel Far East. L’idea è di Simonetta Bocelli e Franco Santarini che 4 anni fa hanno deciso di creare due brand di maglieria per far valere la propria esperienza in questo particolare settore dell’abbigliamento. Sunhouse è un brand che si distingue per i capispalla in maglia, qualità e produzione sartoriale; Irish Crone è maglieria convenzionale di ispirazione irlandese. Sunhouse cerca il perfetto equilibrio tra formale e informale attraverso capispalla in maglia dall’aspetto rilassato e realizzati con un approccio totalmente sartoriale.

Santarini, com’è nato il vostro progetto?
«Dall’entusiasmo di reinventare e attualizzare la maglieria. E abbiamo scelto di proporre, con Sunhouse, capispalla in maglia con un approccio sartoriale ma decontratto».



Quali novità avete presentato a Pitti Uomo?
«Oltre alla rinnovata collezione di giacche, il prodotto novità che abbiamo presentato è stato la giacca-cardigan e poi abbiamo presentato una collezione dedicata alla donna».

Qual è l’identikit della vostra clientela?
«È una clientela con radici solide ma curiosa e amante delle novità. Chi indossa i nostri prodotti vuole stare al passo con i tempi. Abbiamo clienti giovani e meno giovani, diciamo da 25 a 60 anni».

Quali sono i punti di forza della maglieria?
«Un capo fatto a maglia è comodo, elastico, non sgualcisce per cui è particolarmente adatto a chi viaggia. A livello estetico la maglieria consente di realizzare delle fantasie che non si possono riprodurre con il tessuto».

Dove sono concentrate le vostre vendite?
«L’export pesa per il 90% del fatturato Sunhouse. In particolare il brand è apprezzato in Giappone, Corea, Canada, Germania e Stati Uniti. Anche Irish Crone esporta prevalentemente nel Far East».

Perché quest’area è più recettiva?
«Perché approccia la moda e l’abbigliamento in maniera culturale. I clienti giapponesi, ad esempio, capiscono subito cosa c’è dietro un capo: la cultura, il saper fare. Non a caso i telai che vengono utilizzati a Sant’Angelo in Vado stavano per finire in Giappone. Sono telai particolari che permettono una lavorazione unica, con 720 fili. Ad utilizzarli siamo solo in due al mondo».



La produzione dunque è tutta made in Italy?
«Certo, made in Marche, dal filo al capo finito. La materia prima è tutta italiana tranne una piccola percentuale di filo originale inglese».

Come mai avete scelto le Marche?
«Con la famiglia Bordoni, titolare della Eddy Ricami Project di Montecosaro, ci siamo incontrati 7 anni fa. Ci siamo trovati bene perché la loro filosofia si sposa bene con la nostra: ricerca, innovazione e apertura mentale. Pensi che a volte per ottenere una fantasia occorrono 35 colori mescolati insieme. La Eddy Ricami cura anche la distribuzione dei prodotti dei due brand».

A livello di moda su cosa puntate per la prossima primavera-estate?
«Su leggerezza a traspirabilità La collezione è stata realizzata puntando su queste due caratteristiche attraverso materiali e intrecci».

Quali sono i progetti per il futuro?
«Sviluppare le collaborazioni nel Far East, crescere sul mercato italiano e tedesco. Per i prossimi due anni questi sono gli obiettivi prioritari».
 
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