Il prof Testa Bappenheim: «L'Islam
condiziona la moda e rilancia lo stile»

Il prof Testa Bappenheim: «L'Islam condiziona la moda e rilancia lo stile»
di Massimiliano Viti
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Giovedì 26 Aprile 2018, 13:06
La rinascita dei veli e dei foulard è generata anche dall’interesse dell’industria della moda verso le consumatrici di fede islamica, un mercato molto interessante e in grande espansione. Per saperne di più abbiamo interpellato il professor Stefano Testa Bappenheim, docente anche di diritto islamico all’Università di Camerino e uno dei massimi esperti di moda halal in Italia.

Professor Testa Bappenheim, la modest fashion sta conquistando le griffe...
«È innegabile che la moda islamica stia diventando sempre più rilevante: riguarda buona parte della popolazione mondiale, in crescita e con nuove risorse da investire in moda e lusso, sicché le aziende occidentali sono sempre più interessate. Si sono appena svolte la settimana della moda a Riad, in Arabia Saudita e quella a Dubai dove stilisti italiani hanno presentato abiti molto costosi. L’anno scorso è nato Vogue Arabia e Vogue UK di maggio 2018 ha in copertina, per la prima volta, una modella velata».

Ha qualche dato concreto per capire le dimensioni del fenomeno?
«Secondo un recente studio, nei Paesi a maggioranza islamica, nel 2016 sono stati spesi per la moda quasi 240 miliardi di dollari, di cui 107 online. Nel 2017 la spesa per la modest fashion è stata di 327 miliardi con previsione di arrivare a 400 miliardi entro il 2021. Da questi numeri si capisce bene l’interesse di aziende e griffe occidentali, che hanno iniziato a vendere collezioni di moda musulmana».

Qualche esempio?
«Nel 2014 iniziò Donna Karan, seguita da Tommy Hilfiger, Oscar De La Renta, Victoria Beckham, Zara, H&M, Mango, Uniqlo e Macy’s, la Nike con uno hijab, l’abaya di D&G, poi in vari Paesi islamici hanno aperto store D&G, Versace, Cavalli, Tod’s, Valentino, Prada, Fendi e altri ancora».

Un’opportunità anche per l’Italia?
«Senza dubbio. L’industria halal sta crescendo in generale, con acquisti online che vengono eseguiti soprattutto verso paesi europei».

E per le Marche?
«Business significa contratti e le aziende hanno bisogno di esperti sia del diritto italiano, sia di quello dei Paesi in cui esportano o vincono appalti. Anche per questo (finora un unicum nelle Marche) il corso di diritto dei Paesi islamici della Scuola di Giurisprudenza dell’Università di Camerino, grazie al direttore Prof. Rocco Favale, al Prof. Fabio Fede e a tutti i docenti della scuola sta avendo sempre più studenti e tesisti, consapevoli d’acquisire così competenze professionali preziose e richieste dal mercato».
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