Da Torino a Porto San Giorgio:
tutti i segreti dell'Amandovulo

Da Torino a Porto San Giorgio: tutti i segreti dell'Amandovulo
di Chiara Morini
4 Minuti di Lettura
Sabato 27 Gennaio 2018, 12:28
A base rettangolare, uova e mandorle all’interno, cioccolata fondente e granella di nocciola all’esterno: l’Amandovulo è il dolce diventato simbolo di Porto San Giorgio. Cercate la parola su Internet e troverete collegamenti solo con la città rivierasca. Eeppure quello che viene chiamato anche Amandovolo arriva dalla tradizione pasticcera di Torino, e poi nel corso dei decenni, la produzione si è estesa a bar, pasticcerie e forni cittadini.

Ottant’anni di storia
Erano i primi anni ‘40 quando il torinese Luigi Gaviorno, trasferitosi a Porto San Giorgio, apriva la Pasticceria Torinese-Luigi Gaviorno-Amandovulo, all’angolo tra il corso Garibaldi, oggi anche strada statale 16, e via Cavour. Un grande pasticceria, l’unica dell’epoca, ricordano gli anziani, quella che ha fatto la storia e che ha fatto conoscere il dolce. Poi il trasloco, dall’angolo della statale al viale don Minzoni. Nel mentre l’Amandovulo iniziava ad essere prodotto da altri bar, pasticcerie e forni cittadini, rendendolo il dolce della tradizione sangiorgese, dolce che si caratterizza per fragranza, e croccantezza, data dalla glassatura esterna al cioccolato fondente su cui viene applicata una granella di nocciola tostata. Ora la pasticceria Torinese, gestita fino agli anni ’90 dalla figlia di Luigi Gaviorno, Teresa, che l’ha portata avanti fino alla pensione, per venderla ad altri imprenditori, non è più operativa. Il boom iniziale di questo dolce, avuto nei primi decenni, è andato via via scemando, fino a tornare di moda negli ultimi tempi. Tra i produttori più in degli ultimi vent’anni figurano, tra gli altri, il vecchio Caffè Novecento, la Forneria Beniamino e il Forno/pasticceria 180 gradi, con punti vendita a Fermo e Porto San Giorgio. A realizzarlo, per quest’ultimo esercizio è il pasticcere Roberto Tomassoni, che fa dolci da circa trent’anni.



Canditi sì o canditi no?
«La ricetta originaria li prevedeva - racconta Tomassoni - per la precisione si trattava di buccia di arancia candita. Ora però sembra che non piaccia più e io ho smesso da tempo di metterla, sostituendola con buccia d’arancia grattugiata». Canditi sì o canditi no (qualcuno che li mette, in città, ancora c’è), non importa, perché l’Amandovulo è comunque squisito. Mordi e mastischi, oppure mordi e sciogli in bocca: il sapore della mandorla, con qualche piccola parte di quella amara, si sposa alla perfezione con l’uovo e lo zucchero, e i canditi, se ci sono. Una fragranza particolare, che si ottiene con un piccolo accorgimento. «Il segreto - svela Roberto Tomassoni - è montare bene le uova e mescolare gli ingredienti a mano, per smontare quel poco che basta le uova stesse. È importante anche l’aggiunta di burro alla fine: tutto questo contribuisce a donare al dolce la fragranza che ha».



L’esperienza di Tomassoni
«Avevo 28 anni e facevo il barista»: Tomassoni inizia così il racconto del suo incontro con la pasticceria e l’Amandovulo. «Giorno dopo giorno - prosegue - mi sono innamorato di questo lavoro». Mentre lo dice ha il sorriso sulle labbra, il suo lavoro è anche una passione. Lavorando al Bar Alimento, a Fermo, conobbe l’ex pasticcere della Torinese, degli eredi di Luigi Gaviorno. «Si chiamava Peppe Ricci» ricorda Roberto. E non servirebbe nemmeno precisarlo, ma Ricci, ovviamente, la ricetta la conosceva bene, ed è da lui che il giovane pasticcere Tomassoni l’ha memorizzata. A realizzarla, però, ha iniziato dopo qualche tempo. «Lavoravo al vecchio Caffè Novecento e l’addetto alla pasticceria, per ragioni personali, aveva deciso di andar via». Tomassoni ha preso così il suo posto, iniziando a produrre anche l’Amandovulo. Tanti, per la verità, e visto il successo, i titolari, insieme al pasticcere, avevano pensato di portarlo fuori da Porto San Giorgio, per far conoscere il dolce e la stessa città. Sono stati protagonisti in televisione, con lo chef Gianfranco Vissani, ma la fama del dolce era già alta. Non solo perché iniziava a diffondersi Internet, ma perché una signora di Torino ne ordinava, ogni anno a Natale, una cinquantina di pezzi, da utilizzare per strenne natalizie. Da Torino, proprio la città da cui ha avuto origine l’Amandovulo. E’ tipico del periodo natalizio, ma Tomassoni lo fa tutto l’anno. Natale a parte, va molto anche d’estate, ad agosto per l’esattezza. «Ci sono turisti originari del nostro territorio che l’ordinano per portarlo come souvenir culinario nelle città di provenienza» precisa. Un gioiello di dolce, solo per pochi eletti ma e per conoscerlo bisogna passare per forza a Porto San Giorgio.
 


La ricetta
Amandovulo: ecco come si fa in pasticceria
Ingredienti: 4 rossi d’uovo 2 uova intere 120 gr di mandorle (rigorosamente italiane, quelle estere rischiano di cambiare la consistenza del dolce) 20 g di fecola 20 g di farina 20 g di mandorle amare 150 gr di zucchero 50 gr burro buccia d’arancia grattugiata q.b.
cioccolato fondente granella di nocciole tostate
Preparazione: pestare le mandorle con un po’ dello zucchero, fino a ridurla in polvere. Successivamente montare le uova con lo zucchero e mescolare uno ad uno gli altri ingredienti, lasciando per ultimo il burro. È importante mescolare gli ingredienti a mano, così da non smontare troppo, ma solo il necessario, le uova precedentemente montate. Amalgamati tutti gli ingredienti, si può aggiungere il burro fuso. Versare l’impasto in stampi rettangolari e cuocere in forno a 180 circa per 30 minuti. Togliere il dolce dallo stampo, e lasciarlo riposare fino al giorno dopo. A quel punto si può procedere con la glassatura al cioccolato fondente e all’applicazione della granella di nocciole tostate sui quattro lati.
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