Fortuna e soldi, quelle lenticchie
immancabili al cenone di Capodanno

Fortuna e soldi, quelle lenticchie immancabili al cenone di Capodanno
di Elisabetta Marsigli
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Sabato 30 Dicembre 2017, 13:52
Fortuna o sfortuna? Da sempre le lenticchie sono l’irrinunciabile piatto di San Silvestro per accompagnarci nell’anno nuovo con ottimi presagi di guadagno, ma nell’antichità furono collegate simbolicamente anche alla morte. È tristemente noto, infatti, il detto «vendersi per un piatto di lenticchie» che si rifà all’episodio, scritto nel libro della Genesi, in cui Esaù, affamato, scambiò il diritto di primogenitura con Giacobbe proprio per un piatto di lenticchie. Da allora l’antica tradizione ebraica impone che gli Ebrei mangino lenticchie quando sono in lutto, in ricordo di Esaù che svendette quanto aveva di più prezioso. Ma la nostra tradizione popolare vuole che un cucchiaio di lenticchie, mangiato prima di brindare all’ultimo rintocco della mezzanotte, assicuri un anno di successi e denaro. Il tutto potrebbe derivare dalla loro forma, appiattita e tondeggiante che, per quanto piccola, ricorda la forma delle monete.

Antico legume, bistecca dei poveri
Le lenticchie sono decisamente il più antico legume del mondo: già nel 7000 a.C. si coltivavano in Asia e si diffusero poi in tutto il bacino del Mediterraneo, divenendo cibo base dei Greci e dei Romani. E’ il primo cibo preparato dall’uomo del quale si ha testimonianza scritta, non meno di 4000 anni fa. Da sottolineare che furono l’alimento base per i popoli nomadi fin dal Neolitico e, a partire dalla coltivazione, assunsero un significato ben augurale. Se Catone fu il primo a dettare alcune delle norme per cucinarle al meglio, il celebre medico Galeno ne esaltò le virtù terapeutiche: contengono infatti il 25% di proteine, oltre al 53% di carboidrati e, dal punto di vista nutrizionale, 100 grammi di lenticchie equivalgono a 215 grammi di carne. Per questo sono anche definite «la bistecca dei poveri», dato il basso costo e la facile reperibilità. È comunque curioso pensare che al tempo di Luigi XIV, in Francia, le lenticchie venivano date come cibo ai cavalli e Alexander Dumas nel suo “Grand Dictionnair de Cuisine del 1873” le considerava un cibo pessimo. Ma Galeno non sbagliava: le lenticchie sono oggi tra i legumi consigliati anche dai dietologi perché oltre ad essere ricche di fosforo e vitamine del gruppo B, sono anche facilmente digeribili. Inoltre, come conferma l’Associazione italiana Celiachia, non contengono glutine e sono utilissime per il riequilibrio degli zuccheri ematici.

I colori delle lenticchie
I colori di queste piccole e preziose monetine vegetali, che possono essere a seme grande o a seme piccolo, sono variabili: marroni, rosse (come la lenticchia egiziana) o bionde. Molto note quelle viterbesi di Onano, dal sapore delicato e un color grigiastro, le siciliane di Villalba e quelle di Castelluccio di Norcia, di cui sono note le proprietà organolettiche e la capacità di aumentare la fertilità del terreno. La coltivazione delle lenticchie richiede un clima caldo e temperato, ma è straordinario come questa pianta possa resistere a condizioni meteorologiche diversissime e sopravvivere anche alla siccità di terreni particolarmente aridi. Negli altopiani, come quello di Castelluccio e Colfiorito in Umbria, le condizioni climatiche conferiscono un altissimo pregio al prodotto, ma chi ha assaggiato quelle piccole e tenere che crescono sui terreni vulcanici di Ustica, molto rare, ne ha potuto valutare l’incredibile bontà. Di solito la semina avviene in autunno al sud e in primavera nelle zone più elevate. L’altezza della pianta non supera i 40 centimetri e i suoi frutti sono a forma di baccello contenente semi rotondi di un diametro che può variare da piccolissimi a grandi (al massimo 9mm).



Marche o Umbria?
Le lenticchie di Castelluccio di Norcia sono tra le più famose a livello nazionale, ma, sebbene il comune di Castelluccio sia sotto la provincia di Perugia, è sbagliato credere che queste lenticchie siano un prodotto esclusivo umbro. Il disciplinare di produzione delle lenticchie di Castelluccio (prodotto Igp) comprende infatti una zona di circa 20 km quadrati a ridosso del monte Vettore (nella catena dei Sibillini) che sappiamo bene essere suddivisa tra le province di Perugia e Macerata. Oltre a Castelluccio, quindi, l’altro comune toccato dalla coltivazione è quello marchigiano di Castel Sant’Angelo sul Nera. Una delle caratteristiche di questo territorio è lo spettacolo della fioritura che avviene generalmente fra la fine di maggio e la fine di luglio: in questo periodo i campi coltivati a lenticchie nell’altipiano di Castelluccio danno luogo ad un paesaggio suggestivo e variopinto, davvero mozzafiato e mai uguale da un anno all’altro. E’ incredibile come in modo del tutto spontaneo, in primavera, nel periodo che precede la raccolta dei legumi, si possa assistere allo sbocciare, a ondate, di fiori in continuo divenire: dal verde iniziale al giallo, al rosso e, infine, al blu. Protagonisti di questa meraviglia non sono le lenticchie, ma i fiori di un tipo di colza, i papaveri e i fiordalisi che, nel corso dei secoli, si sono conquistati territori più o meno vasti nei diversi campi, convivendo con le leguminose.
 
Lenticchie alla cipolla rossa e pomodoro
Ingredienti: 250gr di lenticchie secche, 200 gr di salsa di pomodoro, 1 cipolla rossa, olio extravergine d’oliva, sale e pepe. Preparazione: le lenticchie, tranne quelle a buccia spessa, si possono cuocere anche direttamente senza ammollo, quindi soffriggere la cipolla con 3 cucchiai d’olio (meglio in un tegame di coccio), unire le lenticchie e mescolare. Aggiungere la salsa di pomodoro, sale e pepe e coprire il tutto di acqua: raggiunto il bollore, abbassare la fiamma e lasciare sobbollire fino a cottura delle lenticchie (circa 30/40 minuti). Aggiungere acqua mano a mano che si ritira e mescolare di tanto in tanto. A fine cottura le lenticchie dovranno risultare cotte, ma non troppo asciutte. Fare riposare per una decina di minuti e servire calde o tiepide.
Le lenticchie, ricche di fibre, proteine, ferro e magnesio sono ottime bollite, in umido e come accompagnamento a secondi piatti gustosi.
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