Formaggio di fossa che passione
Con l'apertura si svelano i tesori

Formaggio di fossa che passione Con l'apertura si svelano i tesori
di Véronique Angeletti
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Sabato 18 Novembre 2017, 17:40 - Ultimo aggiornamento: 21 Novembre, 13:18
C’è chi sostiene che il formaggio non sia altro che la corsa del latte verso l’immortalità. Una gara in cui il formaggio di fossa, Dop dal 2006, infossato in quel territorio compreso tra le valli del Rubicone e del Marecchia, a cavallo tra Marche e Romagna, con il suo inconfondibile gusto piccante, i suoi tre mesi nelle fosse d’arenaria, le sue origini, si è conquistato lettere di nobiltà.


 
Dop delle terre malatestiane
È un principe, il fossa, con un vero feudo. Quello dove si produce il suo latte che, non a caso, ricalca quasi i confini dei nobili Malatesta. Famiglia che, tra il 1300 e il 1500, estese il suo dominio dalla Signoria di Rimini a parte della Romagna fino ai Sibillini. È in quell’epoca, nel cuore dei loro possedimenti che nascono le fosse. Scavate nel tufo, in un triangolo di roccia tra Sogliano al Rubicone, Sant’Agata Feltria e Talamello con al centro l’arenaria del monte di Perticara, profonde tre metri ed oltre, hanno la forma di un fiasco. «Da secoli sono vestite di paglia, incannate, cerchiate con del legno, riempite di formaggi avvolti in sacchi e sigillate con un tappo di legno, gesso e sabbia» spiega l’infossatore Marco Pellegrini di Sogliano al Rubicone. Sono silos ipogei per conservare le scorte soprattutto di grano. Ma mimetizzate nel pavimento, nei secoli sono state segrete dispense in caso di attacchi nemici e durante le carestie, nascondigli per i briganti e rifugi per calmierare i prezzi. I racconti sono sempre gli stessi, ma se dal lato Marche gli infossatori narrano di assedi, quelli romagnoli esaltano la versione del formaggio celato al Papa e al noto esattore marchigiano. Marco Pellegrini delle “Fosse Pellegrini” (0541948542) ha fosse che contengono 15mila chili di formaggio. Le sfrutta da quando, quattordicenne, manovale alle antiche fosse del paese, intuì le potenzialità di un formaggio del posto portato in auge all’inizio degli anni ‘80 dal sindaco di Talamello, Antonio Monti, soglianese di nascita. In azienda, Marco ha costruito una raccolta sulla cultura della Dop, oggi tra i 18 musei regionali del gusto. A Sogliano le fosse si aprono il giorno di Santa Caterina, il 25 novembre, e in questo paese, che non ha mai smesso - nemmeno con l’avvento del frigorifero - di utilizzarle, la sfossatura o come la chiamano da queste parte la “resurrezione” è sacra e sagra da più di 40 anni.


 
Il segreto
I fratelli Fabbri di Perticara (Novafeltria), paese della miniera di zolfo, hanno “sfossato” l’11 novembre, San Martino. Il passaggio dei sacchi di cotone bianco, custodi ognuno di otto formaggi, dal ventre della roccia alle mani degli infossatori, sa di rito ancestrale che l’aria, satura dei profumi della paglia e della segreta miscela di erbe, rende ancora più solenne. Escono 35 quintali di formaggio di proprietà di “Fattorie Marchigiane” del gruppo “TreValli-Cooperlat” di Jesi. È il frutto del latte della cooperativa Montefeltro Latte e del caseificio di Montemaggiore al Metauro. Il gruppo, maggior produttore di fossa, è presente in ogni comune del triangolo. «A parità dello stesso formaggio - spiega il presidente di “Fattorie Marchigiane”, Gianluigi Draghi - quello infossato a Perticara ha un sapore più gradevole e meno pungente, quello di Talamello è intermedio mentre quello di Sogliano è più piccante». (Spaccio della Miniera 0541927112 e marchi “Santa Caterina” e “Ambra di Talamello” della TreValli.)
Da un’analisi Coldiretti, tra Marche ed Emilia Romagna si producono circa 112mila kg di formaggio di Fossa di Sogliano Dop e sono prodotti dai più importanti caseifici marchigiani. A Sant’Agata Feltria, c’è “Martarelli Formaggi” di Camerata Picena che sfossa proprio in questo fine settimana (071946060). Alla vista, il formaggio di fossa si presenta con una pasta compatta con occhiatura fine e ben distribuita, di colore giallo opaco con striature ambrate. All’olfatto è intenso nei profumi e al gusto ha un’aromaticità che richiama il fieno, la paglia di grano, note salmastre, fungo secco. In bocca, ha una struttura importante, un sapore deciso. Un formaggio dalla straordinaria e forte personalità. «Conferita dalla stagionatura in fossa - precisa Gianluigi Draghi - che trasforma il formaggio ovino, vaccino o misto dal punto di vista fisico e chimico. Cambia forma, perde lattosio, diventa più digeribile ed il prodotto acquisisce caratteristiche uniche».
 


Spazio alla meditazione
Il fatto che la stessa cagliata, posta in fosse d’arenaria diverse, regali un prodotto dalle infinite sfumature spiega perché sia considerato un formaggio da meditazione. «Esiste una differenza - spiega l’infossatore Sergio Fabbri - tra i formaggi prodotti ed infossati a primavera e quelli in estate: il latte ha un bouquet di profumi diversi. Poi, nel pungente del sapore, si avverte se siano stati custoditi in fosse all’esterno o all’interno del triangolo d’arenaria. Mentre nell’intensità del gusto si può cogliere se le forme fossero all’interno o presso le pareti. Infine al palato, dove sono state collocate. Più il formaggio è posto in alto, più sarà cremoso e più solubile in bocca, mentre in basso sarà più asciutto» (info 339864 9010).

Il “cacio e pepe” di Casoni in superba versione fossa
Con il cuore stretto ha lasciato la sua cucina del ristorante Carnevali conosciuto come il pit stop dell’hotel Agip di Muccia. Il terremoto purtroppo non gli ha lasciato scelta. Oggi lo chef Dino Casoni con la moglie Barbara gestisce l’agriturismo “Villa Ninetta” a Caldarola. Scelto appositamente per rimanere nelle sue terre martoriate. Formato alla scuola alberghiera di Tolentino, nel team dei “Cuochi Marche”, campioni d’Italia nel 2009, è un cuoco creativo ma ancorato ai sapori della tradizione. Dalle sue cucine propone un “cacio e pepe” versione fossa con gnocchi con crema di pecorino di fossa dop e pepe. Ma è nel secondo che convince: dora nel burro scaloppine di petto di fagiano che veste di pecorino di fossa grattugiato ed un tocco di crema di latte. L’accompagna con grugni, una cicoria saltata in olio e poco aglio, fiammiferi di patate rosse di Colfiorito (con la buccia) e confettura di frutto di bosco (info 3391524446).


 
Tra confetture e miele ma anche praline da sogno
Il fossa è un formaggio impegnativo. Forse è per questo che questi ultimi anni le Marche si stanno distinguendo con ricette speciali assolutamente da provare. Come la strepitosa confettura di fiori di zafferano prodotta a Serra Sant’Abbondio sul monte Catria di Marco Milli e Loris Filippini (3282517997); il miele d’acacia e la linea speziata con curcuma, zenzero, al tartufo e peperoncino, di “Fattoria San Michele Apicultura” a Mondavio (info su Fb Fattoria Cuore Capanna); le deliziose salsine, confetture e marmellate dell’azienda agricola “San Cesareo” che nei suoi laboratori di Fano, con creatività e originalità, trasforma la frutta: vincenti sono la sua confettura “melone giallo e zenzero” e un’altra “Peper” al peperoncino. Ma la sorpresa è del creativo cioccolatiere Fabio Lenci di “Atalia” (3282720265). Produce praline con cioccolato del Nicaragua farcite di formaggio di fossa, noci, pere e pure una crema spalmabile che sposa il formaggio di fossa della TreValli con l’antica nocciola napoletana Giffoni e l’aromaticità del cioccolato.
 
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