L'alloro di Grottammare: origini mitiche
e caccia ai riconoscimenti Igp e Dop

L'alloro di Grottammare: origini mitiche e caccia ai riconoscimenti Igp e Dop
di Carla Paliotti
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Sabato 28 Aprile 2018, 12:46
I Romani lo chiamavano Laurus nobilis, i Greci Dafne, simbolo di sacralità e libertà. L’alloro è una delle poche piante che può vantare nella storia simili venerazioni ma prima di passare a millantare le sue “gesta” è bene chiarire subito che in Italia la patria dove esso germoglia felice è Grottammare. Infatti, esattamente qui, circoscritto in questa area geografica delle Marche che si estende anche ai limitrofi territori quali San Benedetto del Tronto, Cupra Marittima, Massignano, Campofilone, Pedaso, Monteprandone, Acquaviva Picena, Ripatransone, Montefiore dell’Aso, Carassai, Monsampolo del Tronto, Spinetoli, Colli del Tronto, Offida, Cossignano, l’alloro ha trovato terreno fertile per le sue radici grazie anche alle condizioni climatiche favorevoli di questi luoghi cullati dal vento dell’Adriatico.



La leggenda
Come aroma o come ornamento o addirittura come rimedio naturale per le sue proprietà antisettiche e digestive, il laurus è una pianta molto preziosa fin dai tempi più remoti, apprezzatissima sia dal popolo romano che da quello greco a tal punto da riservargli diversi miti e simbologie. In particolare, i Greci costruirono intorno all’alloro il mito di Dafne, la ninfa simbolo di libertà e di bellezza di cui Apollo si innamorò perdutamente, amore tuttavia non corrisposto. Secondo la mitologia greca, infatti, Dafne in fuga da Apollo si trasformò in alloro e da allora il Dio del sole lo venerò come pianta sacra, emblema della gloria e della sapienza. Non è un caso che ancora oggi l’alloro venga utilizzato per coronare il capo dei neolaureati. Da gennaio la città di Grottammare, luogo assai fiorente di coltivatori di alloro, si è lanciata alla conquista per il suo riconoscimento Igp e Dop da parte dell’Ue, visto che il laurus di Grottammare si distingue da quelli di altra provenienza per le sue proprietà uniche. «L’alloro di Grottammare è ricco di oli essenziali e perciò più aromatico, ottimo da gustare insieme ai piatti a base di carne», spiega l’agronomo Giovanni Massicci.

La produzione
A Grottammare la produzione di alloro ricopre il 50% della produzione dei vivaisti locali e il 70% di quella di tutta Italia. Dalla costa fino alle zone più interne, qui il lauro cresce serenamente grazie al clima mite, poi venduto in tutta Europa, soprattutto al Nord e all’Est dove la sua maggiore destinazione è in cucina. «L’alloro nasce come pianta ornamentale da giardino ma poi con il tempo si è conquistata un suo spazio in cucina per via delle proprietà aromatiche delle sue foglie» - racconta Francesco Balestra, vivaista di Grottammare che insieme ad altri 20 produttori ha costituito da gennaio un’associazione dal nome “Vivaisti di Grottammare” che si è imposta come obiettivo quello di ottenere il riconoscimento Igp da parte dell’Unione Europea. «La coltivazione di alloro grottammarese è molto fiorente, caratterizzata da una lunga tradizione che ha radici antiche risalenti al XII-XIII secolo - sottolinea Balestra - L’associazione sta lavorando insieme alla Regione e al ministero dell’Agricoltura per portare il nostro alloro all’attenzione di Bruxelles e ottenere finalmente il marchio Igp».



In cucina
In cucina l’alloro marchigiano lo si può trovare in diverse preparazioni culinarie, sposandosi bene sia con prodotti provenienti dalla terra sia con prodotti di mare, grazie al suo alto contenuto di aromi e di oli essenziali, che non trovano eguali in Laurus di altra provenienza. Le foglie di alloro, inoltre, proprio per via delle sue caratteristiche aromatiche e officinali è ampiamente utilizzato per decotti digestivi o in antisettici naturali nonché in pietanza a base di pesce, in particolare anguille, seppie, ecc., e nelle carni come spiedini e arrosti. Le foglie di alloro sono irresistibili con la selvaggina e la carne di suino regalandogli un sapore unico. In campagna, inoltre, i contadini lo usano anche per realizzare degli ottimi distillati come ad esempio l’alcool casereccio delle campagne estratto dal vino che viene poi versato con un rametto di lauro o altre essenze. Ma le qualità del lauro non si esauriscono qui. Celeberrimo, nonché millenario, è il “Sapone di Aleppo” che ha come maggiore ingrediente l’olio delle bacche di alloro, un toccasana per pelle e capelli. E proprio oggi si parla di alloro, alle ore 17, nella sala Kursaal del Comune di Grottammare, con il convegno “Oltre la siepe”. Tra i relatori il sindaco Piergallini, l’assessore al Vivaismo Rossi, il presidente dell’associazione “Vivaisti di Grottammare” Balestra, l’agronomo Massicci, i professori Santilocchi, Neri, Romanazzi e l’assessore regionale all’Agricoltura Anna Casini.
 


Piatto tipico romeno, è pronta “La Sarmale”
Ingredienti per 6 persone: 300 gr carne trita di maiale 400 gr carne trita di vitello 1/2 kg cipolle 1 carote 150 gr riso 1 uova un cucchiaio semolino 1 cavolo verza 1 limone un bicchiere vino bianco olio extravergine un cucchiaio concentrato di pomodoro alloro, sale e pepe q.b.
Preparazione: fate un soffritto di cipolle e carota tritate finemente. Lessate il riso per 10 minuti, fatelo raffreddare e unitelo alla carne trita, mescolando con le mani assieme a un cucchiaio di semolino, un uovo e al concentrato di pomodoro, sale e pepe q.b. Fate riposare il composto per 10 minuti. Poi sbollentate le foglie di verza in acqua e succo di limone. Preparare gli involtini: mettere all’interno di una foglia di cavolo un cucchiaio di composto di carne trita, poi arrotolate chiudendo l’involtino. In una pentola mettete 2 cucchiai di olio di oliva e uno strato di cavolo verza tagliato a listarelle e disporre a strati gli involtini. Ad ogni strato aggiungete un filo d’olio e foglie di alloro. Unite acqua fredda fino a coprire i sarmale e fate cuocere a fuoco basso per circa un’ora e mezza. Quasi a fine cottura aggiungete un bicchiere di vino bianco.
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