Quando la Marca nel 1655 impazzì per vedere
Cristina di Svezia e un corteo da 250 persone

Quando la Marca nel 1655 impazzì per vedere Cristina di Svezia e un corteo da 250 persone
di Antonio Luccarini
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Domenica 24 Settembre 2017, 16:42
Il passaggio, nei territori della Marca, di Cristina di Svezia, nel 1655, risultò per tutta la popolazione, indiscriminatamente, uno degli eventi più memorabili a cui poter assistere nel corso di un’esistenza che doveva essere condotta entro terre ritenute, marginali da un punto di vista economico-politico ed emarginate nell’ambito dei grandi processi culturali. Ovunque, da Pesaro a Fano, da Senigallia ad Ancona ,da Macerata a Tolentino e a Camerino, ad ogni tappa marchigiana del percorso che doveva condurre la giovane donna a Roma per incontrare il Pontefice, la folla era accorsa numerosissima e festante. 

Spettacolo indimenticabile
Per il popolo era come assistere ad un unico ed indimenticabile spettacolo sia per lo sfarzo e il lusso esibiti dal corteo regale- Cristina aveva lasciato Bruxelles alla volta dell’Italia con un seguito di 255 persone, fra dignitari e domestici e 247 cavalli- sia per la magnificenza dei festeggiamenti dati in suo onore dai governatori delle città italiane. Ma anche per la nobiltà locale l’accoglienza riservata a colei che aveva rinunciato volontariamente al trono di Svezia, risultò un momento di estremo interesse che imponeva una coinvolgente partecipazione. La fama che l’aveva preceduta nelle terre marchigiane l’aveva presentata come una figura tanto eccentrica, nei costumi e negli interessi, quanto misteriosa nelle motivazioni che avevano diretto le sue fondamentali scelte di vita. In altre parole il suo passaggio era vissuto come una sorta di apparizione, l’esperienza epifanica di una presenza più vicina al mito che alla storia. Era stato così sin dai suoi primi giorni di vita: alla nascita fu creduta erroneamente un maschietto, deludendo, subito dopo, chi l’ aveva salutata come il legittimo erede al trono di Svezia. E perché le fosse consentito comunque l’accesso alla corona, il padre Gustavo Adolfo, prima di partire alla volta della Germania in difesa della causa protestante nella “Guerra dei Trent’anni” volle assicurare alla figlia il diritto di successione. 

Dopo la morte del Re Gustavo
Fu così che dopo la morte nella battaglia di Lutzen nel 1632 del Re Gustavo Adolfo, Cristina divenne sovrana di Svezia alla tenera età di sei anni. E la “Regina bambina”- così venne allora chiamata dai suoi contemporanei in ogni suo momento di vita non fece altro che destare, stupore ,meraviglia, se non addirittura scandalo, tra i suoi sudditi per i suoi gesti clamorosamente arditi e l’ostentazione aperta di un’indomabile spirito libero che poteva farsi beffe di etichette di corte, di regole, di consuetudini, di vincoli morali della comunità di appartenenza. Nell’ambito progettuale della sua azione di governo, ella avrebbe voluto rendere la città di Stoccolma una nuova Atene. Ma il severo popolo svedese, se da una parte poteva condividere l’ascetica condotta della sovrana, non comprendeva affatto né il suo amore per la filosofia né quello per il bello artistico. Forse alla base del progetto della regina Cristina c’era il mito platonico dei “filosofi re” e, su questa direzione, la giovane sovrana, aveva invitato a corte il filosofo più importante del tempo, Cartesio, affinché le offrisse il sostegno dei suoi insegnamenti. In realtà quell’esperienza fu fatale per entrambi.

L’esperienza deleteria
Cartesio si rovinò la salute fino al punto di morire per i rigori di quelle lezioni tenute in algidi ambienti e la stessa Cristina finì per comprendere che tra il suo bisogno di libertà di azione e di pensiero e i suoi doveri di regina, c’era una frattura insanabile. Avvicinatasi alla fede cattolica, Cristina rinunciò al trono nominando principe ereditario il cugino Carlo Gustavo. 

I festeggiamenti nelle città
Nelle città marchigiane i festeggiamenti per le sue visite furono solenni e ci fu quasi una sorta di gara ad offrire alla sovrana in esilio le accoglienze più calorose. Ad Ancona, ad esempio, sapendo che una delle prelibatezze per Cristina era la frutta immersa in acque purissime e gelate, ci fu una sorta di selezione ufficiale per decidere quale fosse la fonte più degna di soddisfare i gusti della regina. Le Marche furono comunque sempre a lei vicine durante l’esilio romano perché la relazione che la sovrana intrecciò con il cardinale Decio Azzolino la portò a circondarsi di tutti i concittadini del potente prelato che vivevano nella Capitale. I medici personali della regina furono infatti i fermani Cesare Macchiati e Romolo Spezioli, così come provenivano dalla marca fermana gli ufficiali preposti alla sua sicurezza.. E si può sicuramente affermare che sulle sue condotte stravaganti, sulle sue irrequietezze e sulle sue ambiguità, il fidatissimo cardinale Decio Azzolino esercitò una decisiva azione di moderazione ed equilibrio. 
 
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