Cocciaretto: «Ma quale Agassi, sono
Elisabetta e so anche ballare la salsa»

Cocciaretto: «Ma quale Agassi, sono Elisabetta e so anche ballare la salsa»
di Domenico Ciarrocchi
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Martedì 6 Febbraio 2018, 10:39
Dalla terra rossa del circolo tennis di Porto San Giorgio a quella del PalaTricalle di Chieti; dal blu dei campi australiani all’azzurro tricolore. Sono i colori di Eli, chiamata sabato 10 e domenica 11, sabato e domenica di Carnevale, nella corte delle migliori racchette italiane al femminile, pronte ad affrontare la nazionale spagnola. La sfida per la Fed Cup 2018. Eli è Elisabetta Cocciaretto, 17 anni compiuti lo scorso 25 gennaio. Non ha l’età per guidare l’auto né per recarsi alle urne il mese prossimo, dove fra i candidati avrebbe trovato la mamma, Jessica Marcozzi, consigliere regionale per Forza Italia (gli azzurri...). Ma per tenere alta la bandiera italiana sì, l’età ce l’ha, eccome. «Francamente - si schernisce - non ho fatto ancora quasi nulla. È soltanto l’inizio». Elisabetta si appresta a raggiungere l’Abruzzo. Con lei ci sono Sara Errani. E poi Jasmine Paolini e Deborah Chiesa. Non ci sarà un’altra marchigiana, nata a Macerata e origini argentine, Camila Giorgi, ai ferri corti con la federazione.



Il modello
Idoli della porta accanto. «Certo, anche se io non ho mai avuto un modello a cui ispirarmi. Sì, Federer è sopra tutti. E mi piace molto Caroline Wozniacki». Non una qualsiasi, la danese numero 1 al mondo. «Ma mi piace perché è una sportiva completa, ha corso pure la maratona di New York». Nel 2014 l’ha completata in 3 ore e 26 minuti dopo aver passato la sera prima a mangiare popcorn con Serena Williams: mica male. Anche per Elisabetta lo sport viene prima di tutto, una passione che coltiva da piccolissima e che ha portato avanti con tanta grinta. Ma anche un bel sorriso. «Ho iniziato - ricorda - a soli 5 anni. Mio padre Piero è stato sempre un appassionato di tennis, giocava a livello amatoriale. Ma piace anche a mia madre». Una mamma alla ribalta della politica... «Sì, ma non cambia nulla. Mia madre è mia madre».



I sogni
E poi, meglio dirlo subito: se c’è qualche genitore che coltiva sogni di gloria per i propri figli che sparano palline in tribuna, lasci perdere. Che la piccolissima Eli ci sapesse fare con la racchetta si è capito all’istante. Però l’impegno cresce, riempie la giornata, non lascia cinque minuti al caso. E al divertimento. «In realtà - dice - sono come tutte le ragazze della mia età. Mi piacciono i social, soprattutto Instagram. E anche WhatsApp. Se ci passassi meno tempo farei felici i miei e il mio allenatore Fausto Scolari. E poi amo ballare, per il latino americano impazzisco. E, francamente, sono pure brava». Tolte tuta e scarpe da tennis, punta felice su gonna e tacchi. Alti? «Beh, alti ma non troppo. Altrimenti inciampo». Un rischio che non ha mai corso durante la sua rapida carriera, partita da lì, quel circolo di Porto San Giorgio che nel corso dei decenni si è costruito la solida fama di fucina di campioni e che ieri pomeriggio l’ha festeggiata per i suoi successi. Vi proviene anche Gianluigi Quinzi, campione juniores a Wimbledon nel 2013. «Con la mia famiglia - sottolinea - viviamo sul mare, a Lido di Fermo. Il circolo è a pochi chilometri. Una scelta naturale». Come naturale poter contare su Antonio Di Paolo, il maestro dei campioni.

Il percorso
Chi ha letto “Open”, il libro di Agassi (a proposito, tennis o no va letto) scoprendo che il talento americano, pressato dal padre, aveva finito per odiarlo, il tennis, rischia di ritrovarsi fuori strada. Per Elisabetta il percorso è stato graduale e senza traumi. Senza conflitti. O quasi. «Quel libro è bello perché Agassi parla dei sacrifici che faceva. E sono tanti. Quest’ultimo anno e mezzo, ad esempio, è stato duro. Ho dovuto lasciare la mia famiglia e trasferirmi a Tirrenia, sono impegnata tutto il giorno con il tennis, anche se lì frequento anche il quarto anno del Liceo linguistico».
Orari: «Sveglia alle 7.15, colazione alle 7.30, poi fino a mezzogiorno palestra e tennis, tennis e palestra. Piccola pausa per il pranzo e poi, dalle 14.30 alle 17, di nuovo tennis e palestra. Appena finito c’è la scuola, dalle 18 alle 20.30. E questo tutti i giorni». Se qualche ragazzotto tutto casa e smartphone avesse in mente di invidiarla, tenga conto di quanto sia difficile arrivare così in alto. «Questo cambiamento - sottolinea - è avvenuto dopo l’infortunio. Da settembre 2015 fino a tutto il 2016 sono rimasta ferma (per un infortunio alla schiena, ndr). Andavo a scuola, facevo la vita di tutti gli altri ragazzi. Ma anche prima un’ora e mezza-due ore di allenamenti. E niente più».



Il passato
Erano i tempi della terra rossa del circolo Cococcioni. I tempi in cui si doveva scommettere sul campione del futuro. E non è mai facile. Il tennis non costa solo sacrificio, ma anche tanti soldi. Anzi: nell’immaginario collettivo, ormai lontani i tempi di Panatta e della favola del raccattapalle che si trasforma in campione, è tornato a essere uno sport per ricchi. O no? «Per costare, costa. Io mi ritengo una ragazza fortunata, ormai da tempo le mie trasferte sono spesata dalla federazione, abbiamo il maestro pagato, e anche i tornei. Ma mi rendo conto che se qualcuno si mette in testa di fare carriera, le spese sono tante, a partire da quelle per il maestro fino ai viaggi in tutto il mondo». Anche avvicinarsi al tennis a livello amatoriale può essere impegnativo per il portafoglio e la vera battaglia, ora, è farlo tornare uno sport per tutti. Amato e popolare. «C’è un progetto - dice Elisabetta - per far entrare i bambini delle scuole elementari nei circoli. Un bel progetto». Lei non ne ha avuto bisogno, visto che ha una racchetta in mano dai tempi dell’asilo. «Ma i miei genitori - puntualizza - continuano a dirmi che devo studiare, devo prendere il diploma. Anche al centro della Fit a Tirrenia di Pisa, dove vivo per gran parte dell’anno, continuo a dedicare molto tempo alla scuola». Eppure, italiano e matematica o no, che sembri molto più matura dei suoi 17 anni lo deve sicuramente allo sport, alla disciplina degli allenamenti, ai primi tour per il mondo a caccia di gloria. A partire da quella recentissima trasferta in Australia per gli Open juniores: è arrivata in semifinale, sconfitta dopo due match ball a suo favore.

Il futuro
Ma, con la convocazione in Fed Cup, sembra già preistoria. Almeno nel singolare, la nostra campionessa non si aspetta di giocare. Poco importa: con lei il ricambio generazionale mette il turbo, segnando un solco profondo fra il passato prossimo e il futuro di questa disciplina elegante e pazzesca. Puoi perdere un incontro già vinto, puoi smarrire il senno in quel piccolo campo vivisezionato al millimetro. Tanto che, almeno per ora, Elisabetta è tennis, tennis e ancora tennis. «Non ho nemmeno il fidanzato. D’altra parte - sorride - non avrei il tempo». A 17 anni ne ha talmente tanto davanti da sembrare il mare che vede dalla sua casa a Lido di Fermo. Come il Tirreno dall’altra parte dell’Italia. Blu, come il suo colore preferito. Sarà un caso?
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