Il pregiudizio
Insomma, ancora una volta il pregiudizio di genere sembra far premio sulle spiccate doti di questa ragazza che non esitò a finire confinata nel 1859 nell’ospedale ospedale civile di Ascoli Piceno e affidata alle suore. Infatti, mentre nel 1857, la polizia pontificia dopo aver scoperto l’attività dell’Apostolato Dantesco (società segreta di stampo mazzinano alla quale aveva aderito e dove si studiavano autori censurati) rinchiuse i suoi amici a Forte Malatesta, per una donna non c’era neppure la possibilità di finire in carcere. La sua colpa? L’impegno e la conoscenza con il fondatore Nicola Gaetani Tamburini col quale intrecciò un lungo rapporto epistolare. Dopo aver scontato un anno di reclusione, comunque, con l’Unità d’Italia, Giulia fu liberata. Il 19 settembre 1860 scrisse versi appassionati intitolati “Rendimento di grazie nel giorno della riscossa”. D’altra parte, nata da una famiglia di umili origini ebbe però l’ardire di formarsi nella scuola cittadina di belle arti del conte Orazio Centini Piccolomini. E non era certo vista di buon occhio questo sua predilezione per la politica e le arti invece che per il ruolo di moglie, madre. Poche sono quindi le notizie su Giulia, ma interessante sembra la testimonianza della studiosa Teresa Paoletti che, nel 1907, in una conferenza sulle donne ascolane del passato, racconta «La vita di Giulia Centurelli è una mesta istoria; ella buona e gentile passò per una serie lunghissima di atroci sofferenze. La perdita dei genitori e la morte del fidanzato che adorava avevano resa triste l’anima nata a sentire vivamente ogni bellezza, a entusiasmarsi per ogni idea nobile e santa».
La visione
Gli ultimi anni
Dopo i fatti del 1860 comunque la sua vita cominciò a scorrere più serena: insegnò disegno nella Scuola Normale Femminile di Ascoli e, dal 1870, si trasferì a Roma nella “Scuola Superiore Femminile” diretta da Erminia Fuà Fusinato, patriota, anch’ella, poeta ed educatrice con la quale strinse un bel rapporto di amicizia. Giulia morì a Roma nel luglio del 1872, a soli quarant’anni da un’epidemia di vaiolo.
Il valore
Insomma, pur vivendo in provincia Giulia Centurelli ebbe una propria dimensione e non certo per restare un passo indietro. Eprese il suo talento come insegnante, poeta e pittrice, affermando così un ruolo intellettuale «attivo e paritario, cosa non scontata nella società ascolana di allora, improntata all’assoluta predominanza maschile» nota ancora Mazzocchi.
Le opere
La produzione artistica, tra cui diversi disegni e miniature, è andata in gran parte dispersa. Di una delle sue opere perdute parla lo scultore e studioso ascolano Riccardo Gabrielli che ricorda una copia dell’Annunciazione, tratta dall’originale di Guido Reni della civica Pinacoteca di Ascoli, opera con la quale Giulia partecipò ad un’esposizione a Firenze nel 1861. Sempre in Pinacoteca si conservano: un “Amorino”, una “Sacra Famiglia” (copia della celebre Madonna della Cesta di Rubens del 1615), un “Autoritratto” e il “Ritratto di Italo Selva”. Nell’intenso “Autoritratto” l’artista si ritrae in atteggiamento semplice e severo, nell’intensità dello sguardo, si rivela un animo nobile e appassionato.
Chi era
Giulia Centurelli nacque ad Ascoli Piceno il 31 ottobre 1832. Figura eclettica di letterata e artista, fin dagli anni della giovinezza esordì con poesie e scritti apparsi su vari periodici. Poetessa e patriota, aderì all’associazione segreta Apostolato Dantesco di stampo mazziniano e per questo fu segregata in ospedale. Alcune sue opere pittoriche sono conservate nella Pinacoteca di Ascoli
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