Giovanna da Montefeltro seppe
gestire casato e potere da Senigallia

Giovanna da Montefeltro seppe gestire casato e potere da Senigallia
di Antonio Luccarini
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Lunedì 5 Marzo 2018, 12:52
«Dignissima, doctissima nelle scienze,liberale, prudente et honesta, bella di corpo, ma più bella di fede et d’animo» così viene presentata Giovanna da Montefeltro, da Frate Gratia de Grancia, autore della biografia che ricostruisce vita e imprese del consorte, Giovanni Della Rovere, Duca di Sora e di Arce, Signore di Senigallia e Prefetto di Roma. Ma ai tanti titoli esibiti dal marito, Giovanna a lui promessa in sposa giovanissima, secondo le regole della “ragion di stato”, poteva contrapporre la provenienza da una delle più vivaci e raffinate corti di Europa, quella del Granducato di Urbino, essendo la terzogenita di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza.

Le incombenze
Inoltre a conti fatti, proprio le numerose incombenze politico-militari di Giovanni della Rovere, costrinsero la “Prefetessa”, come veniva comunemente chiamata, ad assumere ben presto funzioni e responsabilità nella gestione del potere esercitato soprattutto nella città di residenza Senigallia. Nonostante la loro unione fosse stata suggerita, più che da attrazione sentimentale, da motivazioni meramente politico-dinastiche, da quel matrimonio, reso saldo più dalla stima e il rispetto che dall’autentico amore, nacquero sei figli che furono cresciuti con sollecita cura e grandissimo affetto. Dopo la morte a soli 5 anni del secondogenito Girolamo, fu attesa con l’ansia la nascita di un erede maschio che potesse continuare il nuovo ramo dinastico dei Montefeltro-Della Rovere. E si può anche dire che da quando, il 26 aprile del 1479, la nobile coppia fece un festoso quanto solenne ingresso nella città Adriatica- precedentemente gli sposi, dopo le sfarzose nozze avvenute il 10 maggio 1478 a Roma, avevano dimorato nella capitale-la loro vicenda fu più volte evocata, nei momenti più significativi, dalle opere pittoriche dei più geniali artisti dell’epoca. Secondo l’opinione comune, peraltro mai verificata in alcun documento o atto ufficiale, nella coppia di bellissimi angeli, collocati alle spalle della Vergine, nel capolavoro di Piero della Francesca “La Madonna di Senigallia”- che poi fu destinato ad adornare la Chiesa delle Grazie-sarebbero, appunto, stati raffigurati i due giovani sposi Giovanni Della Rovere e Giovanna da Montefeltro.
Il convento in ringraziamento
E lo stesso convento di Santa Maria delle Grazie era stato edificato come enfatico e costosissimo segno di ringraziamento per la nascita, avvenuta il 25 marzo del 1490, dell’erede maschio Francesco Maria. Quella nascita tanto attesa era stata, poi, degnamente celebrata, anche con un’altra importante commissione d’opera, l’Annunciazione realizzata da Giovanni Santi, il padre di Raffaello ,destinata al tempio di Santa Maria Maddalena, dove si tennero, nel 1501, le solenni esequie del duca Giovanni Della Rovere. A dimostrazione di quanto contassero nella sua vita i contatti con le grandi personalità dell’Arte del tempo, occorre aggiungere che la “prefetessa” aveva ospitato come “famigliare”, anche Pietro Vannucchi, detto “il Perugino”, autore della straordinaria Pala d’altare “Madonna con Bambino e Santi”, destinata anch’essa ad abbellire la Chiesa delle Grazie. La morte prematura del marito, nel 1501, rese Giovanna vedova, con l’enorme responsabilità di dover gestire, secondo le indicazioni testamentarie, in qualità di reggente, in attesa del raggiungimento dei 16 anni da parte di Francesco Maria, tutti i feudi del casato. La nobildonna esercitò il potere con saggezza ed equilibrio-concesse, tra le altre cose degne di menzione storica, gli Statuti al Vicariato di Mondavio-fino a quando non dovette lasciare Senigallia, travestita da frate, per sfuggire all’eccidio progettato –ed in gran parte realizzato- da Cesare Borgia che aveva ormai occupato, nelle Marche, il granducato di Urbino. Proprio la complicità del popolo senigalliese, riconoscente nei suoi confronti, permise alla donna di evitare il massacro e di portarsi in salvo su un vascello ancorato al porto-canale.

Il ritorno in auge
Nel 1508, tramontato rovinosamente l’astro dei Borgia, Francesco Maria della Rovere, riuscì ad acquisire ruolo e funzioni di Duca di Urbino e la madre Giovanna ebbe la felicità di presenziare alle sue nozze principesche con Eleonora Gonzaga e di aiutarlo a recuperare la protezione perduta sotto il collerico pontefice Giulio II. Giovanna terminò i suoi giorni a Roma dimorando presso il Palazzo dei Della Rovere che era stato donato alla famiglia proprio dal pontefice Sisto IV. Nessuna immagine ufficiale ci resta oggi della sua figura, ma sono in molti a credere che nell’ignota ed enigmatica dama ritratta da Raffaello, da tutti conosciuta come “La Muta”, in realtà, si celino fattezze e carattere della sensibilissima Giovanna da Montefeltro.
 
Giovanna da Montefeltro, nata a Urbino nel 1463, in pieno umanesimo, discendente dei Montefeltro, sposa a 15 anni Giovanni della Rovere, signore di Senigallia da cui ebbe sei figli. Vedova dal 1501, gestì il casato in attesa del 16° anno dell’erede Francesco. Scappò da Senigallia per la repressione di Borgia nel 1502 ma riprese possesso delle proprietà nel 1508. Morì a 50 anni a Roma, il 25 novembre del 1513.
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