Maurizia Gregori, di Arancia Network
«La radio è un elisir di giovinezza»

Maurizia Gregori
Maurizia Gregori
di Talita Frezzi
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Domenica 18 Marzo 2018, 12:44
ANCONA - Lei si definisce una «brava ragazza del ‘56 che alla sua età gioca ancora e ha fatto un mestiere del suo gioco preferito». E se la radio è un amore, un gioco tutto da scoprire fatto di sensazioni, suoni, musiche, parole lanciate nell’etere, ritmi ben scanditi, l’unico difetto che possiamo attribuire a questo strumento perfetto protagonista ancora d’eccellenza della nostra vita (in barba a quanti lo davano spacciato con l’avvento della tv) è che ci impedisce di vedere il sorriso bello e accattivante di una speaker d’eccezione, Maurizia Gregori, voice di Radio Arancia Network. E quello per la radio è per lei un amore solido che dura da 40 anni.

Storia di un amore
«Era il 1977, la radio era di Fabriano, si chiamava Radio Stereo Marche. I primi “vagiti” ed io ho perso completamente la testa. Ho amato subito la radio, la sua magia, la sua capacità di farti immaginare un mondo diverso, quello che più ti assomiglia. È stato un vero e proprio colpo di fulmine. La radio era davvero un fenomeno “sociale”, i ragazzi facevano a gara per occupare lo sgabello davanti il microfono e la partecipazione degli ascoltatori era fantastica». Ripensa a questi anni con la stessa emozione del suo primo “on air”, quando la luce rossa scandisce il momento in cui la musica pian piano va scemando e sei tu, sola davanti a quel microfono pronto a ingurgitare parole, il tuo contatto col mondo. «Conservo gelosamente lettere di ascoltatori che intervengono su argomenti trattati alla radio...lettere, sì, non c’era ancora la posta elettronica». 

Social, ma con precauzione
La radio è un amore che racconta un altro amore, quello della vita, correndo sempre a doppio filo l’uno accanto all’altro.
«Nel 1982 mi sposo con Claudio, un meraviglioso ragazzo che conosco al mare e quindi dalla radio dell’entroterra mi sposto sulla costa a Radio Conero, poi la Radio Arancia dei mostri sacri (Bon Bon cioè Claudio Bonvecchi, Pino Cesetti, Emilio D’Alessio, Nicoletta Grifoni) sì...c’ero anch’io. E (come dice Vasco) siamo ancora qua». E anche se la radio è un po’ cambiata, ha risentito inevitabilmente degli stravolgimenti dell’epoca moderna, la passione è sempre la stessa. Immutata. «Chi ha vissuto quella fortunata stagione degli inizi sa bene cosa si prova, la radio negli anni è cambiata ma per “farla” l’ingrediente è sempre lo stesso: passione. Ci vuole passione, sempre. Anche e, soprattutto, se sei un professionista. Senza passione la radio è solo una scatola colma di musica, bella quanto vuoi ma senza anima. Una scatola che, se trasmette in diretta, permette un’immediatezza assoluta anche per l’informazione, ma sempre che si sappia raccontare cosa succede. Stesso vale per i social: quello che manca oggi è la capacità di narrare, di ricordare. Consumiamo tutto troppo in fretta e anche l’informazione è vittima di questo orribile andazzo che porta solo superficialità e luoghi comuni. Bisogna recuperare il passato, reinventarlo e dare senso ad un presente troppo virtuale. Personalmente non sono tremendamente social, sono social il giusto!».

Dietro al microfono non si invecchia
E se per qualcuno il microfono può essere un modo per nascondersi, per una speaker di lungo corso come lei, non è altro che un filtro con cui entra in contatto con gli altri, ma non è certo uno strumento per mentire. «Al microfono sono sempre me stessa, non mento mai - spiega - certo in radio non ti vede nessuno a meno che non ci sia la “radiovisione”, i tuoi ascoltatori possono immaginarti in tanti modi diversi. Spesso è bene lasciare che immaginino…non si sa mai!». E al microfono si può solo crescere, non certo invecchiare. «Sono una donna matura che ha avuto la possibilità di crescere professionalmente in un ambiente “giovane”, dinamico, stimolante dove è difficile invecchiare. Anche il mio rapporto con il mio essere donna e femmina è cresciuto e migliorato molto nel corso degli anni. Poi ci sono le rughe, sì ma l’importante è non averle nell’anima».

Femmina come la radio
«La radio è la radio, sostantivo femminile si. Femmina nel senso che ti seduce. Ti acchiappa. Ti strizza. Ti ama. Femmina, si e come gran parte delle femmine di oggi – si rinosce Maurizia – sono una femmina che ha maturato una discreta consapevolezza, adora questa stagione della vita fatta di succosi raccolti e assordanti silenzi, ma anche anche ben determinata a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, compreso da Gigio (Brecciaroli, collega speaker ma da tempo anche editore di Arancia Network, ndr) che una ne pensa e cento ne fa!». E sempre parlando dei suoi colleghi, che poi nel corso degli anni, puntata dopo puntata ti diventano familiari, confessa di avere un rapporto fantastico «condivido stati d’animo, paure, lunghe ore di vita, stiamo sul pezzo come si dice e spero sempre che la gente ci ascolti con interesse. Anche nelle mie trasmissioni adoro parlare della vita, delle sue pieghe, delle persone». Poi c’è l’imprevisto, la puntata scivolosa, le interviste non preparate, i problemi tecnici da parare, «le urla in onda a mia insaputa..c’è stato veramente di tutto ma fa parte del gioco».

Accordi e disaccordi femminili
La radio è un po’ come uno specchio, parli agli altri ma è come se parlassi con te stessa. E nel crogiolo dell’autoanalisi, Maurizia è obbiettiva nella scansione del suo essere donna. «Non sopporto il mio feroce orgoglio e non sopporto la pigrizia perché ostacola la mia enorme forza di volontà della quale sono fiera - dice ancora - sono lenta a partire come un diesel ma quando parto sono un treno anzi un freccia rossa. Sono anche modesta, o no? Mia figlia poi mi dice che non riesco ad esprimere i miei sentimenti, ma a me non sembra». Comunque è fortunata, ha una famiglia di fan. 

E nella vita privata
«La mia famiglia è davvero fantastica, mio marito per primo. Uomo pazientissimo e sì, anche bello. I miei primi fan sono proprio i miei figli, mio marito, mia sorella…poi…Eliana, Paolo, Franca, Barbara, Luigi, Francesco, Piera, Rita, Mario, Roberto….insomma i miei ascoltatori, cui spero di continuare ancora per molto a far compagnia con garbo e intelligenza, vivere un pochino le loro vite trasmettendo in questi momenti difficili, serenità». E se la sua massima ambizione come speaker, lo ammette, sarebbe di trasmettere con Pedicini («immenso doppiatore e mio “amore”!»), ogni volta che è “on-air” e si accende la luce rossa della diretta, il primo pensiero è sempre lo stesso, da 40 anni: «Penso che dall’altra parte c’è gente che non conosco, che sta vivendo chissà quali avventure, dolori, gioie. Penso ad un immenso cuore che batte sul quale sintonizzo il mio. E poi, quando si spegne... che anche oggi siamo sopravvissuti!». Fine delle trasmissioni.
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