La lezione di Vera Sguigna: «Io
i miei 105 anni e due o tre poesie»

La lezione di Vera Sguigna: «Io i miei 105 anni e due o tre poesie»
di Chiara Morini
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Lunedì 27 Novembre 2017, 15:20
Con i suoi 105 anni è una delle persone più longeve delle Marche; e insieme ad un’altra coetanea si è guadagnata il titolo di “Nonna di Porto San Giorgio”; vive a cavallo di due secoli e finora ha attraversato le fasi storiche di un territorio e non solo: Vera Sguigna, che le sue 105 candeline l’ha spente lo scorso mese di settembre, non smette di scrivere, di leggere il giornale, di uscire insieme alla figlia. Accompagnata, a volte sulla carrozzina, ma sempre con lo spirito combattivo che l’ha contraddistinta durante tutta la sua vita. Una vita fatta di sofferenze e di gioie, da giovane sognatrice, ma che per l’epoca in cui è vissuta non ha potuto seguire le sue aspirazioni. Nascere nel 1912, crescere e sposarsi tra gli anni Venti e Trenta non è stato facile, e lei, che ama molto scrivere, qualche anno fa ricordava che «Da giovane non ho potuto obbedire al mio cervello, che si opponeva a tante cose che ero obbligata a fare, e per questo sognavo ad occhi aperti».



I tempi non lo consentivano
Avrebbe voluto giocare, ma non ha potuto. I tempi non lo consentivano, il padre non glielo permetteva. È questo che, in parte, Vera rimprovera ai genitori. Racconta lei stessa che un giorno stava giocando a campana sulla strada, insieme a qualche amica, e suo padre l’ha rincorsa, raggiunta e frustata con la cintura dei pantaloni. Non gliel’ha mai perdonata questa vicenda, ma i tempi non le consentivano la ribellione alla famiglia. Di quando era bambina ricorda l’entusiasmo del primo giorno di scuola: a sei anni iniziò a frequentare le elementari, arrivando fino alla sesta classe, tante erano allora. E questo fu un periodo importante per lei, imparò a leggere e a scrivere, fu il suo primo approccio con la cultura, alla quale lei è sempre stata legata. Non ha potuto proseguire gli studi, i tempi erano quelli che erano e la sua famiglia non era facoltosa, tutt’altro; lei stessa ha insegnato a leggere e scrivere a sua madre. Lo spirito che ha oggi lascia solo intendere la combattività che poteva avere allora. Non era altissima, e nel ricordare una sua compagna di scuola che l’aveva definita “La Sguigna piccola e tozza”, Vera dice che «La sarrio cciaccata», ovvero l’avrebbe sgridata e non poco. L’intelligenza di oggi, e la sua mente lucida, sono le stesse di allora; sin da bambina era sveglia e per avere qualche foglio di carta in più per scrivere, faceva i compiti al posto dei suoi compagni. In cambio, come detto, fogli, matita, gomma e qualche volta qualche pennino.
 
Vivere due guerre
L’impresa che ha compiuto in 105 anni è la sua intera vita, fatta di gioie ma anche di dolori. Vivere due guerre, le difficoltà degli anni ’60, e tutto il resto non è stato facile. Non per una bambina prima e ragazza poi che avrebbe voluto emergere, ma che invece ha dovuto restare dov’era, a Porto San Giorgio, città che quando nacque nel 1912, il 23 settembre per l’esattezza, era ancora un paese diviso in due borghi. Ricorda tutto di Porto San Giorgio, quando la città era sottomessa ai fascisti e quando fu liberata, quando il marito partì per la guerra due volte e due volte tornò a casa. Era un ferroviere, al tempo in cui i tedeschi deportavano la gente nei campi di concentramento.
 
Il treno arrestato
E proprio il marito, durante un’operazione partigiana, contribuì a far fermare un treno poco distante dalla stazione, in uno spazio aperto. Così molta gente riuscì ad evitare il campo di concentramento. Una sola pagina di giornale probabilmente non basterebbe a raccontare tutte le piccole grandi imprese di una piccola grande donna di provincia che non si è scoraggiata di fronte a nulla. Non ha potuto studiare? Si è acculturata da sola. E mentre allattava sua figlia (oggi settantasettenne), appena nata, una delle sue sorelle (Giovannina, a novantadue anni ancora in gamba), chiese a Vera di scrivere qualcosa per il ventesimo compleanno dell’altra sorella Eugenia, purtroppo scomparsa negli anni scorsi. Senza aver studiato, ma acculturatasi da sola, scrisse una poesia di sette strofe e 28 versi, una delle tante che avrebbe composto nel corso della sua vita.


 
Era la vita che aveva sognato?
Se qualche anno fa le aveste chiesto se questa era la vita che avrebbe sognato, quando era ragazza, lei vi avrebbe risposto «Non potrei dire i miei desideri, ero un subbuglio di sogni. Avrei voluto andare avanti negli studi», e soprattutto non avrebbe voluto obbedire alla suocera. Tempi diversi, divergenze diverse, ma anche oggi un po’ tutti hanno problemi con le suocere. Vera è una donna vissuta in un’epoca che forse non era la sua. E ad un certo punto dice «Basta! Basta girare lo sguardo indietro, sulle cose non avute per la mia condizione, dominata da una cultura retrograda in un mondo in cui mi sono trovata a vivere. Ora è tutto cambiato!».
 
Sei volte bisnonna
Ha avuto un marito, Veneranda di cognome, due figli, che le hanno dato la gioia di diventare nonna 4 volte e bisnonna 6 volte. Sono queste le sue gioie, ora, come vedere suo nipote, che come consulente va in alcune trasmissioni televisive.
 
Un po’ di movimento
E fino a qualche anno fa era molto attiva, ora lo è un po’ meno; usciva (lo fa ancora, insieme a sua figlia Maria), giocava a carte, leggeva, guardava la tv, o meglio seguiva le notizie in tv, faceva la spesa, cucinava, parlava tramite internet con i nipoti lontani e si manteneva in forma con mezz’ora di cyclette. Ora Vera se la prende con gli anni che si fanno sentire. Lo scorso 16 settembre, una settimana prima di festeggiare in piazza, ha chiesto un foglio e una penna. E di getto ha iniziato a scrivere, con lo spirito combattivo che l’ha contraddistinta in tutti i suoi 105 anni.


 
Quella lettera di getto
«Carissimi tutti, vi siete mai chiesti che cosa sono gli anni? Due vocali e una doppia consonante […]Ridete quanto volete, ve lo dico io che li porto […]. Non riescono a trovare nessun nascondiglio, ci sono ed aumentano sempre, sono più forti di tutti […]presuntuosi […]si mettono avanti a tutti e cercano sempre di andare avanti. Le forze si esauriscono, non ce la fai a sopportarli […]e loro con sprezzo ti guardano: “ma cosa cerchi misero mortale? Non ti bastano? Accontentati, ne hai già tanti […]È così, è la legge della vita, accontentati di quello che ti ha dato». Un bilancio dei suoi attuali 105 anni? Lo scrive lei stessa: «Ai posteri l’ardua sentenza!».
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