
Gli stage della scuola Grassi
«Ho iniziato con gli stage promossi dalla Paolo Grassi - dice - , prima un festival di prosa al Teatro 2 di Parma, poi ho lavorato due anni con Franco Quadri e l’ho seguito alle Orestiadi di Gibellina. Ho collaborato con il Festival Milanopoesia e lì è nato il mio interesse per l’interdisciplinarietà e le possibili connessioni che potevano esserci tra l’opera e le nuove forme di arte. Ho imparato l’importanza del legame con il territorio lavorando all’Autunno Musicale a Como con Italo Gomez. Quindi l’esperienza con As.Li.Co, un concorso per giovani cantanti e un ente che produceva solo una o due opere all’anno».
La svolta con il nuovo millennio
«Da quando nel 2000 - racconta Barbara - la gestione è passata al Teatro Sociale di Como ha avuto una crescita esponenziale attraverso moltissimi progetti, in particolare quelli di promozione e di avvicinamento al pubblico come Opera Education. E sono arrivati numerosi premi. Essere stata la direttrice del Sociale di Como - prosegue - mi ha dato l’opportunità di sperimentare proposte uscite anche dai confini cittadini e con riconoscimenti internazionali. Per tre anni sono stata a Parma per la sezione Off de Festival Verdi: bisognava portare contemporaneità in un ambiente molto tradizionale». Alla base dei suoi interessi, sicuramente la curiosità che, come spesso si dice, è donna.

La formazione non finisce mai
«La formazione non deve mai finire - dice -. Per questo è fondamentale una buona dose di curiosità. Una delle esperienze alla base della mia carriera è stata l’attività in Opera Europa come segretario e membro del consiglio. Partecipando a convegni e tavole rotonde, incontri e dialoghi ho acquisito sul campo gli elementi tecnici che mi mancavano e che mi hanno permesso di conoscere e seguire la programmazione e le iniziative dei teatri soprattutto quelli non italiani».
Ma accanto al profilo professionale, che tutti conoscono, c’è sempre l’altro lato della medaglia. Quello di donna. «Sono una sportiva - racconta - , o meglio, lo ero molto. Adoro giocare a tennis e adoro Federer. Amo sciare e mi piace tantissimo la vela. Ho una famiglia di sportivi che mi ha trasmesso la passione per l’aria aperta. Mi sono innamorata dei Monti Sibillini e spero presto di poterci andare a camminare. Amo l’arte contemporanea e in generale tutto quello che è contemporaneo: dall’arte al cinema, all’architettura, le installazioni, il design. Mi piace viaggiare perché mi piacciono le persone.
Benedetto e maledetto lavoro
L’arte al centro della vita
È l’arte, dunque, quell’elemento al centro della vita di Barbara Minghetti il cui obiettivo è sicuramente quello di far diventare l’opera una bellezza per tutti. «La mia passione principale resta sempre l’opera lirica - spiega - , o meglio, l’avvicinamento delle persone, qualsiasi tipo di persona, al mondo dell’opera. Questo è il filo rosso della mia carriera, e quindi anche della mia vita: riuscire a creare sempre nuove forme per rendere l’opera partecipata. Da qui nasce l’interesse per il contemporaneo, fondamentale per arrivare a un pubblico differente».
La traduzione del concetto
La traduzione del concetto è dirimente per fare capire anche che Sferisterio vedremo. Ascoltiamo. «Rompere gli schemi dell’opera, le barriere, sia fisiche che architettoniche, ma soprattutto mentali: andare fuori dai teatri per poi tornarci, mischiare i generi e riuscire poi però a dare maggior spazio alle cose portandole in giro. Mai dimenticare l’importanza del territorio e la contestualizzazione di ogni spettacolo: il legame con il luogo in cui ci si trova è qualcosa di estremamente importante per arrivare a rendere lo spettacolo vicino alle persone. Per me è anche determinante la dimensione sociale nel mio lavoro: chiunque attraverso l’arte cerca di fare qualcosa per la società. Quest’anno, ad esempio, ho promosso un corso di teatro per i senzatetto a Como. Purtroppo non ho molto tempo libero da dedicare al volontariato, ma attraverso il lavoro penso di riuscire a dare il mio contributo. Credo inoltre che in questo settore, soprattutto oggi, non si possa prescindere dalla dimensione sociale».

L’eredità di Micheli
Arrivata dopo allo Sferisterio dopo Francesco Micheli, Barbara Minghetti vede l’ex direttore come un fratello: «Non siamo solo amici - racconta - , possiamo definirci fratelli. Sono un po’ più vecchia di lui e infatti Francesco ha creato il primo progetto ai tempi in cui io ho iniziato il percorso di Opera Education con As.Li.Co; da lì ha curato altri spettacoli per la didattica dell’opera sino a debuttare come regista con noi. Oltre che una grande amicizia, ci lega davvero un’affinità: da sempre ci siamo guardati e confrontati su una tematica che sta molto a cuore a entrambi, ossia fare in modo che l’opera parli a tutti e con un linguaggio contemporaneo».
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