Maria Teresa, la prof motociclista: «Ho girato
il mondo solo con due valigette»

Maria Teresa Brizzi
Maria Teresa Brizzi
di Alessandra Cicalini
5 Minuti di Lettura
Domenica 5 Novembre 2017, 18:07
Un’estate di qualche anno fa Maria Teresa Brizzi si aggirava per l’aeroporto di Copenaghen in pantaloni di pelle nera e casco da motociclista, sotto gli sguardi stupiti degli altri viaggiatori. Che ci faceva così conciata, a chilometri di distanza da casa, questa marchigiana di Montecarotto, in provincia di Ancona, che nella vita insegna italiano e storia alle Industriali di Jesi? «Stavo tornando da un viaggio in moto: parto e ritorno sempre vestita così, ma con me non mancano mai abitino, tacchi e la piastra per i capelli!», ride. 

Il mistero delle due valigette
Come faccia a stipare tutto in «due valigette», come le chiama, è il secondo mistero della prof centaura, che in verità non si arrischia a mettersi alla guida di una delle tre moto con le quali circola da dieci anni a questa parte in giro per l’Europa, e non perché ne abbia paura: «Più vai a Nord e più è facile incontrare donne bikers, ma non pesano 45 chili come me!», precisa. Certo di posti ne ha visti tanti: laghi alpini, Austria, Germania, Alsazia e Lorena, Foresta Nera, Francia(Provenza più volte), Spagna, Portogallo, Norvegia, Svezia, Danimarca, Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Romania, Ungheria, centro Italia. Del resto, quanta passione si nasconda nel corpo minuto di Maria Teresa lo si deduce ascoltandola parlare delle origini delle sue spedizioni a due ruote: «Da piccolina, quando andavo alle giostre, sceglievo sempre la moto, non la macchinina», svela. 

Qualche giretto a bordo
Da adolescente, riesce finalmente a farsi qualche giretto a bordo di quella del cugino, finché, tempo dopo, il suo amore per i viaggi e per l’adrenalina incontra l’identico fuoco che accende i cinque futuri compagni di scorribande: «Sono l’unica marchigiana del gruppo - rivela - composto da un’altra donna e quattro uomini, tutti milanesi». La provenienza geografica di minoranza spiega quindi come mai debba partire già abbigliata da motociclista, non di rado pure in treno: «Qualche bambino ogni tanto si spaventa», ride ancora la prof, ben consapevole di essere diventata «un mito» per i suoi studenti. 

I ragazzi mi chedono
«Quando rientro, racconto loro com’è andata anche perché me lo chiedono», continua. Maria Teresa, comunque, non smette di essere insegnante neanche mentre pianifica gli itinerari: «Oggi - spiega - non ci limitiamo più a macinare i nostri cinquemila chilometri a viaggio, ma abbiamo stabilito che mentre ai piloti tocca la selezione delle strade, a me invece spetta studiare e poi proporre quali cittadine, ambienti e villaggi visitare». In qualche caso, più che di nozioni di antropologia e storia, si ha bisogno di conoscere gli aspetti naturalistici della propria meta, com’è successo a Capo Nord, terra di muschi e licheni, oltre che vero e proprio sogno per Maria Teresa , desiderosa di vedere il sole che non tramonta mai. Cinque anni fa, quel mitico luogo è stato raggiunto, mentre le mancano ancora Marocco e Islanda. «Tutti e due i Paesi sono molto costosi, perché nel primo caso bisogna dotarsi di moto specifiche per il deserto, mentre nel secondo bisognerebbe spedire le nostre con largo anticipo». 

La prossima avventura
Dovunque decideranno di andare il prossimo anno (forse il Kazakistan, ma Maria Teresa non ne è convinta...), il gruppo comincerà a discutere ogni dettaglio «in modo all’inizio casuale, davanti a una pizza», in modo che a primavera sia tutto definito per una permanenza di un paio di settimane a cavallo tra luglio e agosto. Il periodo è caldo, ammette lei, ma è l’unico possibile per la maggioranza dell’equipaggio. Quanto sia stato intenso quello sopportato la scorsa estate tra la ex Jugoslavia e la Romania è oggetto di un articolo uscito sul numero di ottobre di “Motociclismo”. Nemmeno il clima sfavorevole ha fiaccato gli animi dei sei centauri, rimasti colpiti - scrivono - dai forti contrasti tra le strade all’ultimo grido delle città e la povertà delle periferie. 
Il contatto con persone vere
Proprio quando si toccano zone di quest’ultimo genere, Maria Teresa avverte il contatto maggiore con «le persone vere», una delle ragioni più forti che la spingono ad andare avanti nell’esplorazione del mondo in sella alla moto: «Ormai è possibile raggiungere praticamente qualsiasi città in aereo, ma le province e la campagna puoi vederle solo se ci passi attraverso, in mezzo», sottolinea. Soprattutto, aggiunge, ne senti subito l’odore, come le è successo in Provenza, la terra della lavanda: « Ho cominciato ad annusarla nell’aria molto prima, ma al massimo vedevo il grano: poi, scollinando, mi si è aperto davanti il paradiso». 

Un’emozione che vale tutto
Un’emozione così vale tutta la fatica di adattare il corpo alla strada e alle pieghe imposte dal pilota, per la motociclista marchigiana sempre lo stesso, dall’inizio. «Tra noi - dice - fiducia è la parola chiave: chi sta dietro segue la regola ‘sempre con me, ma mai oltre me», un po’ come capita nel tango: «Io sono la mademoiselle, lui è il gentiluomo che conduce», precisa giocosa, ben consapevole di quanto sia dura il contrario per chi è abituato a guidare. «Capita a volte che per un guasto meccanico un pilota sia costretto a fare il passeggero e allora chieda: ma come si fa a stare dietro?». Una risposta ovviamente non c’è. Allo stesso modo, è arduo individuare l’esatto momento del viaggio in cui ci si dimentica, almeno per un po’, della propria routine: «I primi due-tre giorni ti porti ancora dietro il mondo quotidiano che hai appena lasciato - riferisce la docente - poi la mente comincia ad alleggerirsi e sotto il casco ti ritrovi come a essere immerso in una vasca». 

Il distacco graduale
Graduale il distacco, dunque, anche se per quanto la riguarda «il sogno comincia nel momento in cui apro la mappa». Che sia cartacea o digitale, precisa, non conta: «Non ho Facebook volutamente perché non mi piace che gli studenti mi vedano in pigiama, ma quando torno a scuola uso Googlemaps per mostrar loro i luoghi in cui sono stata». Gli unici ad esserne partecipi in anteprima sono Riccardo e Rebecca, i suoi nipotini, cui Maria Teresa lascia la mappa con tutte le tappe alla partenza. «Poi mi chiamano ed io in diretta dal casco descrivo loro i paesaggi che mi circondano». I suoi cari, d’altronde, la seguono con «attenzione... e tensione!» ed è una meraviglia, conclude, «moltiplicare il viaggio con loro, dando spazio a confronti tra diverse avventure e culture!».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA