Anna Giovannini, laureata in architettura, ha lavorato presso il Comune di Ancona nel campo del recupero edilizio e urbano. Dal 2002 al 2009 ha svolto un incarico a contratto per il laboratorio di restauro presso il corso di laurea Ingegneria Edile Architettura. Ora è in pensione. Elena Gelibter dopo la maturità classica ad Ancona ha conseguito bachelor in scienze biomediche alla Queen Mary University di Londra e il master in Neuroscienze. Ha svolto ricerca presso Swimburne University a Melbourne e presso University of Glasgow.
1. Il coraggio di una scelta è lì dove ti porta il cuore o è innanzitutto rompere gli schemi?
Madre: Il coraggio serve soprattutto per fare le cose in cui credi e che ti appassionano. Con autonomia di pensiero, al di là degli schemi.
Figlia: Il coraggio non è essere “contro” ma sfidare gli schemi per seguire i propri sogni.
2. Così vicine, così lontane. La distanza è un ostacolo o uno spazio da riempire?
M: Ho sempre pensato che allontanarci presto ci ha evitato le insidie del rapporto madre-figlia già diventato un po’ conflittuale. Adesso penso però che abbiamo attraversato problemi e solitudini, anche non detti, senza il conforto quotidiano di esserci l’una per l’altra.
F.: All’inizio pensavo fosse sicuramente meglio essere lontani. Ci sentivamo per scelta e non per obbligo e ci raccontavamo più cose. Adesso pesa molto quando lascio i miei per tornare al lavoro in Uk.
3. L’armonia delle forme e i segreti del corpo: il punto di convergenza?
F.: Ho approfondito alcuni segreti del corpo e della mente per i miei studi e per mia curiosità personale, credo che consapevolezza e controllo di come ci si nutre sia un punto importante di convergenza.
4. La sua lezione di vita?
M: Sobrietà: Elena, come la sorella maggiore Sara, è molto più spartana e meno consumista di me. Cerca solo l’essenziale e mi invita sempre a liberarmi di tutto il superfluo di cui ho piena la casa.
F.: Avere sempre sogni e seguirli con testardaggine. I sogni che mamma ha per sé e - purtroppo- anche per gli altri…
5. Mi piaci tanto, quando...
M: Quando ti preoccupi per me o per gli altri. Siano essi partecipanti a ricerche, alunni, amici che hai sparsi nel mondo. E quando nascondi l’empatia dietro quell’aria distaccata.
F.: Ti sento sempre dalla mia parte, anche quando non hai condiviso fino in fondo le mie scelte.
6. Quanto mi manchi. Ti chiamo o ti scrivo?
M.: Ho sentito l’impulso di scriverti, per mettere in ordine le idee quando volevo comunicarti cose importanti ed essenziali per le tue scelte di vita. Spesso non l’ho fatto e abbiamo battibeccato via internet.
F.: Quando ho problemi o cose belle che voglio condividere chiamo “la tribù’”. Qui in Uk si stupiscono perché hanno un concetto diverso della famiglia.
7. Mai senza di te. Dove?
M: A fare i regali a tuo padre, non facile di gusti, spartano come te e ipercritico. Solo tu sai quello che vuole o gli serve. O forse da te accetta qualsiasi cosa.
F.: A visitare mostre, musei. Mi ci hai trascinato per mezza Europa. Non ero sempre consenziente. Ma grazie a te conosco -e amo - Magritte, Piero della Francesca, il design della Bauhaus più della media di biologi e neuro scienziati.
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