La poetessa Maria Luisa, musa di Montale
e il suo buen retiro nelle lande del Piceno

Maria Luisa Spaziani
Maria Luisa Spaziani
di Laura Ripani
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Domenica 17 Giugno 2018, 16:08
«Una donna altera e solitaria ma forte e fragile insieme, capace di essere diretta e pudica, algida e passionale». È affidato alla penna di Franca Maroni il ritratto di Maria Luisa Spaziani, marchigiana d’adozione sebbene sia nata a Torino e morta a Roma, proprio il 14 giugno 2014. A due anni dalla scomparsa della musa di Montale, Plinio Perilli le dedica un bel libro dal titolo “Voyage Spaziani” e nella postfazione l’intellettuale ascolana racconta gli strettissimi rapporti della poetessa e scrittrice scomparsa con il Piceno, arricchiti dall’affetto e dal sentimento che le ha legate per anni.

Le attività
«La Spaziani - spiega infatti Maroni - venne ad Ascoli Piceno accettando l’invito di sconosciuti. Il mio entusiasmo fu grande e contagiò tutta la città». Si dà il caso, infatti, che negli Anni Novanta, nella città delle Cento Torri, Maroni convinse altre donne a seguirla nella creazione del Centro Poesia Marche, nata in seno alla Fidapa. «Per l’inaugurazione pensai a una madrina speciale». Ed ecco che l’artista, cresciuta in un ambiente borghese e intrisa di cultura francese, sembrava proprio la persona giusta. Anche se le notizie relative a una certa ritrosia della Spaziani non deponevano certo a suo favore. Arrivò invece il “sì” della Signora della poesia italiana” che fu prelevata a Roma da un’autista. «Chiusa in una lunga giacca rossa - ricorda Maroni - semplice ed elegante, piacque a tutti». 

Il rapporto
Il rapporto, da quel momento, nonostante Spaziani si occupasse del “Centro Poesia Eugenio Montale”, continuò con il Piceno. Sempre più stretto. Si era scelta anche un albergo, una sorta di buen retiro nella periferia ascolana facendosi guidare più che dall’sitinto dal suo naso: «perchè - disse - è la prima volta da tempo non respiravo questo odore». Per chi aveva scritto il poema in onore di Giovanna d’Arco, le Donne in poesia avevano un fascino speciale. 

Il servizio
«Spaziani - fa notare Maroni, infatti - che si faceva chiamare poeta e non poetessa, aveva ideato immaginarie interviste a donne anche sconosciute ma il suo valore è aver reso un servizio alla scrittura femminile troppo a lungo ignorata e sottovalutata nonostante sia nata con Saffo». D’altra parte era stata una donna fortunata ad aver conosciuto da Ennio Flaiano a Dario Bellezza e ancora Pier Paolo Pasolini senza dimenticare Elsa Morante della quale era amica intima. Una donna, peraltro, che non amava mettere in piazza i propri sentimenti, legata com’era al Premio Nobel. Eppure, testimoniando ancora una volta la predilezione di questa donna straordinaria per il territorio, fu a San Benedetto che, nel 1994 si tenne il “Premio Internazionale di poesia Eugenio Montale” su iniziativa dell’allora assessore alla cultura Maria Pia Silla. 

L’omaggio
Un colpo davvero unico per la Città delle palme ancora indissolubilmente legata a quell’immagine di «deserto culturale» ma che appunto è in grado di impreziosire la sua storia di perle imparagonabili. Era ancora, guarda caso, di giugno, il 3 e 4. Un appuntamento indimenticabile, che durante le due giornate di premiazione - condotte da Nicoletta Orsomando - resero omaggio allo stesso Montale, alla poesia contemporanea, a Goffredo Petrassi e a Mario Luzi per i loro anniversari, nell’interpretazione di Riccardo Cucciolla. Spaziani tenne per sé la presidenza della giuria, con nomi di prestigio internazionale: Giorgio Bassani, Attilio Bertolucci, Marco Forti, Mario Luzi, Giovanni Macchia, Geno Pampaloni, Goffredo Petrassi e Vanni Scheiwiller. 

Le confidenze
Sarà stata anche l’aria di mare proprio nella città delle palme Spaziani si lasciò andare alle confidenze più intime, comuni a molte donne di successo e ancor di più a chi eleva i sentimenti a professione. «Sulla banchina del molo, mi raccontò - spiega Maroni - che l’amore era passato nella sua vita ma non si era fermato. Io pensai subito a Montale ma lei pensava ad altro. Per Montale ebbe un’attrazione forte quella dell’allieva per il maestro. Poi era arrivato Zolla con il quale si sposò sicura del grande amore e affetto ma improvvisamente si ritrovò sola in preda a un lacerante dolore mentre mi confidò ancora che il suo più grande amore non poteva amarla». Dal quel momento i rapporti con il Piceno e la stessa Maroni si diradarono restando però fortemente emotivi ed epistolari.
 
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