Medicina e arte: la vita senza sosta
della nobile Giulia Bonarelli

Medicina e arte: la vita senza sosta della nobile Giulia Bonarelli
di Antonio Luccarini
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Domenica 4 Giugno 2017, 12:53 - Ultimo aggiornamento: 12:54
ANCONA - Per la complessità del carattere, capace di ospitare al proprio interno interessi e orientamenti molteplici ed eterogenei, Giulia Bonarelli Modena avrebbe potuto essere uno dei personaggi della produzione letteraria di un suo celebre antenato, Guidobaldo Bonarelli, autore di una favola pastorale, “Filli di Sciro” dove l’eroina protagonista doveva dividere il proprio cuore fra l’amore per due uomini; Giulia invece è stata in grado di accogliere con eguale passione, nella propria interiorità, «sia il colore dell’arte che l’esattezza scientifica». Arte e conoscenza scientifica sono il leitmotiv della sua vita. Per quello che riguardava l’amore vero e proprio, invece, il cuore di Giulia aveva avuto posto per uno soltanto: Gustavo Modena, l’uomo incontrato da giovanissima nel periodo in cui il brillante medico stava svolgendo la sua professione come vicedirettore del nuovo manicomio anconetano di Piano S.Lazzaro. Il loro incontro si era rivelato subito come un accadimento fatale perché agli occhi della giovane Giulia quell’uomo -più grande di lei di sedici anni e appartenente alla comunità ebraica- incarnava proprio la figura ideale del compagno a cui affiancarsi nella vita.

Gustavo, che veniva da Reggio Emilia e aveva studiato all’Università di Modena con il celebre Augusto Tamburini -e che dalla madre di origine anconetana, Arianna Beer, aveva acquisito l’amore per la città dorica- mostrava di possedere le qualità più ammirate da Giulia, sensibilità, energia e gentilezza ed inoltre era in grado di esibire i segni di una mente vivacissima e soprattutto aperta alle novità del secolo. La differenza di età, la diversità della fede religiosa professata, non costituirono per Giulia ostacoli a quell’amore; d’altra parte la giovane, a dispetto dei limiti degli asfittici costumi di provincia, aveva sempre scelto, in piena autonomia, le direzioni da dare alla sua vita, anche se si trattava di sfidare tradizioni famigliari o ritualità sociali. Dall’autunno del 1905 aveva frequentato il prestigioso liceo classico cittadino Rinaldini, ottenendo la licenza d’onore nel 1910 con punteggio pieno in ben quattro discipline: italiano, greco, filosofia fisica e chimica. Unica donna diplomarsi come, più tardi, sarà la prima donna anconetana a conseguire la laurea in Medicina. Giulia, infatti, si laureò il 4 aprile 1916 a pieni voti, unica donna ,delle tre iscritte alla facoltà, a laurearsi in medicina a Bologna in quell’anno di guerra. Anni difficili che richiesero l’impegno di tutti per affrontare disagi e sacrifici nei giorni dolorosi della guerra e in quelli altrettanto duri del periodo post-bellico.

Giulia contribuì assieme all’illuminato consorte a fare del Manicomio anconetano uno dei Centri Neurologici italiani più importanti per la qualità dell’azione terapeutica svolta. Dopo la guerra, accantonate le urgenze per la cura dei feriti e dei disabili, l’azione, come volontaria, della dottoressa Bonarelli, si rivolse alla ricerca ed alla sperimentazione attraverso l’apertura di un gabinetto di elettroterapia dell’ambulatorio neuropsichiatrico, al servizio gratuito dei pazienti del territorio, soprattutto di bambini ed adolescenti colpiti dalla poliomelite e dalla paralisi infantile. In quegli anni il salotto di casa Modena- Bonarelli era diventato un frequentatissimo ed illuminato spazio di incontro per gli intellettuali di tutto il territorio, dove anche la pratica della psicanalisi, allora nella sua tormentata fase iniziale, aveva potuto trovare accoglienza. Un mondo di cultori delle conoscenze scientifiche ma anche attentissimo ai richiami dell’arte e ai suoi incantamenti.

Collaboratrice del Sovrintendente Luigi Serra, trovò, nonostante gli impegni in campo medico, tempo di pubblicare nella rivista da lui ideata e diretta “Rassegna marchigiana”, numerosi approfondimenti attorno all’opera di valenti autori, come Bruno da Osimo, Eleonora Gallo, Augusto Mussini , Guido Cirilli e Vittorio Morelli, fornendo suggestive chiavi interpretative della loro produzione. Ma forse il più amato e il più vicino alla sua sensibilità fu Adolfo De Carolis , di cui fu sempre ammiratrice ed affascinata esegeta. Una vita, quella di Giulia, con un ruolo da vera protagonista, svolto, però, sempre con garbata discrezione, con elegante e generosa sollecitudine, sempre con profondo senso della misura; una vita purtroppo interrotta, brutalmente, a Bolzano, lontano dalle sue Marche tanto amate, nell’agosto del 1936, all’età di quarantaquattro anni.
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