Fabrizio Corona, post choc dopo l'uscita dal carcere: l'ombra dell'uomo impiccato e la lettera di Dostoevskij condannato a morte

Il post di Fabrizio Corona (Instagram)
Il post di Fabrizio Corona (Instagram)
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Giovedì 15 Aprile 2021, 16:30 - Ultimo aggiornamento: 16:31

Fabrizio Corona lascia il carcere di Monza e torna ai domiciliari senza dimenticare di postare un messaggio sui social. Fabrizio Corona ha da poco condiviso un nuovo post per i suoi follower dal suo account Instagram, con un’immagine alquanto eloquente, l'ombra di un uomo impiccato, e una parte del testo della lettera scritta da Fëdor Dostoevskij a suo fratello Mikhail il 22 dicembre 1849, giorno in cui venne condannato a morte per poi essere graziato sul patibolo. 

Nello scatto postato da Fabrizio Corona si vede l’ombra di un uomo impiccato, mentre nell’immagine successiva è riportata una parte del testo della lettera scritta da Fëdor Dostoevskij a suo fratello Mikhail il giorno in cui venne condannato a morte.

Un testo in cui evidentemente Fabrizio Corona rivede la sua situazione: «Mi hanno appena detto, fratello caro, che oggi o domani ci fanno partire - si legge sul social -  Ho chiesto di vederti. Mi hanno però detto che è impossibile; ti posso soltanto scrivere questa lettera, sbrigati anche tu a darmi un cenno di risposta. Temo che fossi in qualche modo a conoscenza della condanna (a morte). Dal finestrino della carrozza che ci portava sulla piazza d’armi Semënovskij ho visto una marea di gente può darsi che la notizia fosse giunta anche a te e che tu stessi in pena per me. Ora sarai più̀ sollevato. Fratello! Non mi sono scoraggiato né perso d’animo». 

«La vita è vita ovunque, la vita è dentro di noi, non al di fuori. Intorno a me ci saranno altri uomini, ed essere un uomo tra gli uomini e rimanerlo per sempre, qualunque disgrazia capiti, senza lamentarsi, non perdersi d’animo – ecco in che cosa consiste la vita, qual è il suo scopo. Me ne sono reso conto. Quest’idea si è fatta di carne e sangue. È la verità! Quella testa che creava, si nutriva della vita superiore dell’arte, che ha compreso e si è abituata alle nobili esigenze dello spirito, quella testa ormai si è staccata dalle mie spalle. Ne è rimasto il ricordo e le immagini create, ma rimaste ancora senza forma. Lasceranno cicatrici, è vero! Però in me è rimasto il cuore, e quella carne e quel sangue che ancora possono amare, soffrire, desiderare e ricordare, e in fondo anche questa è vita!».

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