Scuola, Parisi: «Matematica e fisica anche all'asilo, pronto il piano. Nessuno resterà indietro»

Il premio Nobel: «La dispersione scolastica più grave è quella di chi rinuncia a fare l’università»

Scuola, Parisi: «Matematica e fisica anche all'asilo, il piano è pronto. Nessuno resterà indietro»
Scuola, Parisi: «Matematica e fisica anche all'asilo, il piano è pronto. Nessuno resterà indietro»
di Lorena Loiacono
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Mercoledì 11 Gennaio 2023, 00:19 - Ultimo aggiornamento: 09:20

Lo studio della fisica e della matematica, da sempre considerata la bestia nera dagli studenti, cambierà volto. Il ministero dell’istruzione e del merito è al lavoro per rivederne l’insegnamento in classe. Lo ha anticipato dalle pagine del Messaggero il ministro Giuseppe Valditara, che ha istituito un gruppo di lavoro con professori illustri che si confronteranno poi con il premio Nobel per la fisica 2021, Giorgio Parisi, e l’Accademia dei Lincei. L’obiettivo è aiutare gli studenti ad avvicinarsi all’insegnamento delle materie tecnico-scientifiche. 

Professore Parisi, che tipo di lavoro si può fare con gli studenti? 
«Gli studenti devono poter avvicinarsi allo studio della fisica, ad esempio, in maniera pratica, concreta.

Devono poter vedere o realizzare loro stessi gli esperimenti: per passare all’astrazione, bisogna prima toccare con mano». 

A che età inizia questo percorso? 
«Il prima possibile, dalla scuola dell’infanzia, poi deve continuare alle elementari, alle medie e così via»

Addirittura alla scuola materna? 
«Sì. Proprio su questo sta partendo un progetto tra la Fondazione dei Lincei e il Comune di Roma. Andiamo a formare le educatrici della scuola dell’infanzia per far sì che i bambini possano avvicinarsi, alla matematica, alla fisica o alla geometria nella maniera più naturale possibile». 

I bambini dell’asilo sono in grado di apprendere queste materie? 
«Ovviamente servono gli strumenti giusti, adatti ai bambini dai 3 ai 5 anni. Consideriamo che a quell’età, come espresso in maniera molto forte da Maria Montessori, i piccoli sono “naturalmente scienziati”. Quindi è il momento giusto per farli avvicinare a questi temi».

Può fare un esempio? 
«La matematica e la fisica possono diventare un gioco: si possono creare delle bilance, ad esempio, con i pesi più grandi e più piccoli e far vedere ai bambini quel che succede, o il travaso di acqua. Penso al lavoro svolto da Emma Castelnuovo che portava in classe fogli di carta, pieghevoli adatti a costruire figure, per spiegare la geometria alle medie e farla vedere concretamente ai suoi alunni. Il pensiero astratto è il punto di arrivo, non di partenza: bisogna partire infatti dal concreto». 

Secondo lei, qual è l’obbiettivo primario da raggiungere? 
«È importante che ci sia una maggiore conoscenza, diffusa, delle materie scientifiche sia per far avvicinare i ragazzi allo studio, sia per migliorane l’apprendimento». 

A tutti i livelli? 
«Per le materie Stem dobbiamo fare in modo che chiunque ne conosca le basi. Anche chi poi non andrà a studiare fisica all’università: è importante che ci sia una formazione costante durante la carriera scolastica dei ragazzi. Si tratta di materie molto concrete, dobbiamo trasmetterle agli studenti e fare in modo che, a tutti, ne rimangano gli insegnamenti». 

La scuola italiana ha un serio problema di dispersione scolastica: esplicita, con gli abbandoni prima del diploma, ma anche implicita con i ragazzi che prendono il titolo di studio e poi non ne hanno le competenze di base. Come si può intervenire? 
«Dobbiamo fare in modo che nessuno resti indietro: non dobbiamo perdere nessuno. Pensiamo alle famiglie disagiate: ci sono persone che hanno bisogno di lavorare e anche se un ragazzo non è brillante negli studi va a lavorare lo stesso. Purtroppo è ancora così. Sono storie difficili a cui trovare una soluzione. La “dispersione” maggiore è quella degli studenti che potrebbero andare all’università che poi non ci vanno. E così restiamo sempre indietro per il numero di studenti che terminano l’università». 

L’Italia è fanalino di coda, in Europa. 
«Purtroppo sì. Siamo uno degli ultimi Paesi in Europa per studenti che si laureano all’università. Con percentuali molto basse, anche meno della metà degli altri Paesi. I laureati hanno una cultura generale che li aiuta in tutto il corso della vita. Lo studio insegna alle persone come analizzare e risolvere i problemi, anche quelli della vita».

Quindi come si aiutano gli studenti? 
«È fondamentale il diritto allo studio, bisogna potenziare le borse di studio soprattutto per i meno abbienti. Penso anche agli universitari, ai fuori sede che vivono forti disagi se non possono accedere a un alloggio, bisogna costruire case per gli studenti. Gli affitti nelle grandi città sono esorbitanti. Lo studio è importante, i ragazzi vanno sostenuti». 
 

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