Dad anche il prossimo anno? Per l'83% degli studenti è difficile seguire le lezioni: «Colpa della connessione»

Dad anche il prossimo anno? Per l'83% degli studenti è difficile seguire le lezioni: «Colpa della connessione»
Dad anche il prossimo anno? Per l'83% degli studenti è difficile seguire le lezioni: «Colpa della connessione»
di Lorena Loiacono
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Venerdì 9 Luglio 2021, 17:08

Mentre la scuola prova a capire come potrà riprendere le lezioni a settembre, ancora fortemente sospesa tra vaccini e distanziamento, si torna a parlare di didattica a distanza. Anche per il prossimo anno, il terzo consecutivo. Se i ragazzi non potranno essere tutti presenti in classe, qualora il distanziamento fosse ancora necessario, si tornerebbe infatti inevitabilmente ai turni con le lezioni da remoto. Ma allora la dad, uscita ormai dalla prima fase di emergenza quando le si perdonavano tutte le carenze, è davvero in grado di portare avanti le lezioni scolastiche in maniera efficace?

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Lo studio, con il punto di vista di studenti e docenti

In quest'ottica la Fondazione Agnelli presenta un'analisi della dad e di quello che è stato fatto nell'anno scolastico appena concluso. Un anno comunque difficile dal punto di vista della pandemia ma con la scuola che, dopo i primi mesi di lockdown della primavera 2020, avrebbe dovuto partire a vele spiegate anche con la dad. Ma non è sempre stato così: poteva andare molto meglio.

È quanto emerge dalla ricerca La DaD nell’anno scolastico 2020-21: una fotografia. Il punto di vista di studenti, docenti e dirigenti, realizzata dalla Fondazione Agnelli insieme al Centro Studi Crenos e al Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Cagliari su un campione rappresentativo di 123 scuole medie e superiori, statali e paritarie, in tutta Italia.

In ogni istituto sono stati proposti questionari a studenti del III e V anno, docenti e dirigenti scolastici, raccogliendo complessivamente le risposte di 105 dirigenti scolastici, 3.905 docenti e 11.154 studenti.

Gavosto: «Nella dad poca innovazione»

«Dopo il lungo lockdown della primavera 2020, ancora per tutto l’anno scolastico 2020-21 la Didattica a distanza è stata la principale risposta del sistema educativo italiano ai problemi creati dall’evoluzione della pandemia e dalle misure di sicurezza sanitaria, in particolare, per la scuola secondaria di II grado», ha commentato Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli.

«In attesa di sapere se e quanto gli apprendimenti ne abbiano sofferto, la ricerca che presentiamo oggi ci dice, fra le tante informazioni, che nella pratica quotidiana della DaD non c’è stato alcun significativo cambiamento metodologico e organizzativo rispetto a prima della pandemia. Quasi tutte le scuole superiori italiane hanno riproposto online e in sincrono la tradizionale didattica basata su lezione frontale, compiti a casa e verifiche, senza un ripensamento dei tempi, delle attività e degli strumenti, che tenesse conto della differenza di fare scuola in classe o a distanza. E senza un vero sforzo di sperimentare strategie per valorizzare di più autonomia e protagonismo dei ragazzi. Ciò forse può in parte spiegare perché gli studenti rivelino la loro fatica a seguire le lezioni in DaD, a tenere alte motivazione e attenzione, a interagire positivamente con professori e compagni, difficoltà tipiche dell’apprendimento da remoto».

In base a quanto emerge, infatti, la scuola online ha semplicemente replicato gli schemi della lezione frontale in presenza. Senza sfruttare le potenzialità dell'online, si è andato ad appesantire le lezioni a distanza. Il 91% degli studenti dichiara infatti di avere trascorso tra le 5 e le 6 ore al giorno collegato in video per attività in sincrono, dato confermato da un’analoga percentuale di dirigenti scolastici, secondo i quali il monte ore non è cambiato o ha visto eventualmente una riduzione proporzionale in tutte le materie. Secondo i presidi, solo l’8% delle scuole ha operato una ristrutturazione significativa del quadro orario, con maggiore spazio alle materie fondamentali o caratterizzanti dell’indirizzo.

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Online solo videolezioni e verifiche

In sostanza, l'innovazione didattica non ha preso il posto delle abitudini della classe frontale: 9 studenti su 10 raccontano infatti che le lezioni in video, le verifiche e i compiti a casa sono state le uniche attività proposte da tutti i docenti, senza particolare differenza tra le materie. Solo in 1 caso su 3 sono state proposte anche attività di ricerca che gli studenti potevano svolgere in autonomia o anche in gruppo, mentre in meno di 1 caso su 5 sono state sperimentate le più innovative piattaforme digitali che propongono giochi didattici, app ed esercizi interattivi per personalizzare i percorsi di apprendimento.

Anche i presidi hanno confermato la prevalenza della videolezione sulle altre possibilità attività. Una scelta fatta anche lì dove era possibile e, in fin dei conti, era anche necessario proporre attività alternative. È il caso delle attività laboratoriali degli istituti tecnici e professionali per i quali le indicazioni ministeriali consentivano l’offerta in presenza. Più di 2 docenti su 3 si sono astenuti dal proporla, non per timore dell’opposizione di studenti e genitori, ma per una propria valutazione di opportunità dato il rischio pandemico.

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In dad voti buoni ma apprendimenti ridotti

Risultato? La pesantezze delle lezioni, difficili da seguire a distanza. La maggior parte degli studenti denuncia infatti un maggiore senso di affaticamento (65%) dopo una giornata di scuola in dad e una maggiore difficoltà a mantenere l'attenzione (73%).

Ma non solo, le conseguenze potrebbero essere evidenti anche dal punto di vista degli apprendimenti: gli studenti dichiarano di avere affrontato verifiche e interrogazioni in dad con minore ansia rispetto a quelle in presenza e con un rendimento migliore. Il segreto di questo successo, per 7 ragazzi su 10, dipende dal fatto che in dad è relativamente più facile suggerire o copiare.

In questo quadro, due ragazzi su 3 assicurano che i loro voti non sono cambiati rispetto a quelli che avrebbero ricevuto in presenza, ma solo il 57% risponde di avere imparato più o meno quanto avrebbe fatto a scuola. Una percentuale che scende ancora di più, al 46%, per gli studenti che non hanno grande fiducia nei propri mezzi e nelle proprie capacità di apprendimento (bassa percezione di autoefficacia). Sono gli stessi studenti quindi a pensare che la dad abbia penalizzato in particolare chi tra loro aveva già fragilità dal punto di vista scolastico.

Dopo un anno di dad, i professori sono preparati alla didattica digitale?

Lo studio della Fondazione Agnelli mette in luce poi anche l'aspetto della formazione digitale del corpo docenti: l’85% degli insegnanti dichiara di avere competenze più che sufficienti o del tutto adeguate per le esigenze didattiche richieste dalla dad ma i presidi si soffermano maggiormente sui bisogni formativi dei propri professori ancora da colmare.

«Da questo punto di vista – sottolinea Adriana Di Liberto (Centro Crenos – UniCa) - l'indagine rivela che la formazione dei docenti è stata svolta soprattutto per migliorare le competenze nell’uso delle piattaforme informatiche, ma molto meno per sviluppare competenze relative alle metodologie didattiche e di valutazione specifiche per un contesto dad. Inoltre, la formazione è stata effettuata perlopiù con risorse interne, con il probabile risultato che si sia operato in modo più efficace laddove le condizioni di partenza erano già migliori che altrove. Vi è quindi il rischio che anche il modo in cui è stata impostata e gestita l’organizzazione della dad nelle scuole superiori Italiane possa influire negativamente sulle già troppo ampie disuguaglianze educative del nostro Paese».

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