Scoperte sulle Alpi orme di grandi rettili sconosciuti. I paleontologi: «Antenati dei coccodrilli»

Nella foto la ricostruzione
Nella foto la ricostruzione
di Laura Larcan
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Giovedì 14 Gennaio 2021, 12:16 - Ultimo aggiornamento: 20:16

Una scoperta casuale, che sembra riscrivere pagine di preistoria. All'inizio, avevano notato solo due piccole fossette impresse nella roccia. E' bastato spostare un ciuffo d'erba per realizzare immediatamente, con l'occhio esperto da paleontologo, che si trattava molto più di una banale fossetta. «Avevamo di fronte un’impronta lunga oltre trenta centimetri, un'orma fossile impressa da grandi rettili vagamente simili a coccodrilli di circa 250 milioni di anni fa», racconta paleontologo Edoardo Martinetto del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, primo scopritore delle nuove tracce. Il bello è che la scoperta è avvenuta sulle Alpi occidentali, a circa 2200 metri di quota nella zona dell’Altopiano della Gardetta nell’Alta Val Maira (Provincia di Cuneo, Comune di Canosio). 

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Come dobbiamo immaginare questo rettile preistorico? «Si tratta verosimilmente di un rettile arcosauriforme di notevoli dimensioni, almeno 4 metri», ha rimarcato il paleontologo Marco Romano della Sapienza Università di Roma. L'inattesa scoperta paleontologica è stata appena pubblicata sulla rivista internazionale PeerJ da un team multidisciplinare di ricercatori italiani e svizzeri, che ha visto collaborare le Università di Torino, Roma Sapienza, Genova, Zurigo e il MUSE - Museo delle Scienze di Trento. Per gli scienziati si tratta di impronte inedite, tracce di calpestio lasciate da grandi rettili, molto simili ai coccodrilli, originariamente lasciate fra i fondali fangosi ondulati di una antica linea di costa marina in prossimità di un delta fluviale. Ribattezzato "Isochirotherium gardettensis" in riferimento all’altopiano in cui è stata scoperta.   

Come è avvenuta la scoperta? «È stato molto emozionante notare appena due fossette impresse nella roccia, spostare un ciuffo erboso e realizzare immediatamente che si trattava di un’impronta lunga oltre trenta centimetri - Edoardo Martinetto - un vero tuffo nel tempo profondo, con il privilegio di poter appoggiare per primo la mano nella stessa cavità dove in centinaia di milioni di anni se n'era appoggiata soltanto un'altra; mi è venuto spontaneo rievocare subito l'immagine dell'animale che lasciò, inconsapevolmente, un segno duraturo nel fango morbido e bagnato, ma destinato a divenire roccia e innalzarsi per formare parte della solida ossatura delle Alpi».

Perché è una scoperta così importante? Per i ricercatori si tratta di un ritrovamento unico in Europa: «Le orme sono eccezionalmente preservate e con una morfologia talmente peculiare da averci consentito la definizione di una nuova icnospecie che abbiamo deciso di dedicare all’Altopiano della Gardetta». «Le rocce che preservano le impronte della Gardetta, formatesi pochi milioni di anni dopo la più severa estinzione di massa della storia della vita, l’estinzione permotriassica, dimostrano che quest’area non era totalmente inospitale alla vita come proposto in precedenza», sottolinea il paleontologo Massimo Bernardi del MUSE 

Qual è l'identikit del rettile? «Non è possibile conoscere con precisione l’identità dell’organismo che ha lasciato le impronte che abbiamo attribuito a Isochirotherium gardettensis, ma, considerando la forma e la grandezza delle impronte, e altri caratteri anatomici ricavabili dallo studio della pista, si tratta verosimilmente di un rettile arcosauriforme di notevoli dimensioni, almeno 4 metri», ha rimarcato il paleontologo Marco Romano della Sapienza Università di Roma. 

L'emozione della scoperta per gli studiosi. «Ricordo la grande emozione provata in occasione della prima scoperta, con l'amico Enrico Collo nel 2008, il piacere intellettuale della prima campagna di rilievi con Enrico e Heinz Furrer nel 2009 e poi la grande soddisfazione scientifica avuta nel lavorare con una così prestigiosa squadra di ricercatori, il tutto nella consapevolezza che questa rilevante novità scientifica si colloca in un territorio di spettacolare bellezza, accrescendone il già grandissimo valore», ha ricordato Michele Piazza dell’Università di Genova.

Dalla scoperta alla valorizzazione. Nascerà un Jurassic Park delle Alpi? Il progetto di ricerca è destinato a svilupparsi ulteriormente grazie all’estensione dell’area di ricerca e alla raccolta di ulteriori informazioni sulla associazione di rettili triassici che hanno lasciato tracce nella zona ma soprattutto grazie alla diffusione dei risultati delle ricerche geo-paleontologiche mediante la creazione di un Geo-Paleo park, comprendente un centro visitatori e un giardino geologico didattico-divulgativo. «La nostra prossima sfida - sottolinea il coordinatore del progetto Massimo Delfino del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino - è trovare la copertura finanziaria che garantisca una raccolta accurata ed esaustiva delle informazioni di importanza scientifica, la conservazione a lungo termine del patrimonio paleontologico della Gardetta e la sua valorizzazione in un’ottica di promozione culturale e turistica delle caratteristiche naturali della Val Maira».

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