LE SIMULAZIONI
Vediamo quindi cosa succede ai vari livelli di reddito. In
generale, i contributi non più da versare, che venivano
“ritagliati” dalla retribuzione lorda riconosciuta dal
datore di lavoro, andranno ad incrementare quest’ultima. Il
beneficio netto è però un po’ più
contenuto, per effetto dell’imposta progressiva che ne
assorbe una parte.
Come già accennato, se lo stipendio mensile non supera i
1.923 euro lordi (corrispondenti a 25 mila annuali su 13
mensilità sempre in termini lordi) la riduzione è di
3 punti. Su un compenso non elevato, ad esempio di 1.200 euro al
mese, vuol dire un vantaggio di 36 euro, contro i 24 in vigore in
precedenza. Il guadagno netto è di circa 28 euro,
ipotizzando tredici mensilità. A quota 1.900 euro, quindi in
prossimità della soglia, ci sono 57 euro lordi, in
più (invece che 38) che diventano però 38 netti.
Questa è la fascia retributiva che ottiene il beneficio
più consistente. Al di sopra lo sconto (analogo a quello
già in vigore) riparte da circa 40 euro: questo è
l’incremento lordo per chi guadagna 2 mila euro, che ne
avrà 26 netti in più, sempre in confronto alla
situazione in cui l’esonero contributivo non era in vigore.
Con 2.692 mensili (ovvero 35 mila all’anno) se ne ottengono
54 lordi in più, corrispondenti a circa 30 netti.
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