Covid, studio cinese: «Anticorpi per un mese». Il rischio di riammalarsi

Covid e vaccino, studio cinese: «Anticorpi per un mese»
​Covid e vaccino, studio cinese: «Anticorpi per un mese»
di Mauro Evangelisti
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Sabato 12 Settembre 2020, 00:35 - Ultimo aggiornamento: 19 Settembre, 00:24

Secondo i ricercatori della Scuola di Medicina della Nanjing University, la protezione degli anticorpi sviluppati da chi ha combattuto e vinto contro Covid-19 dura solo un mese. Se arrivassero nuove conferme, sarebbe una conclusione preoccupante perché significherebbe che una persona guarita può ammalarsi di nuovo. E soprattutto che i vaccini, su cui si sta lavorando in tutto il mondo, dovrebbero superare nuovi ostacoli. Il professor Andrea Crisanti, dell’Università di Padova, non condivide queste conclusioni: «Lo studio che abbiamo fatto a Vo’ Euganeo ci dice che la protezione degli anticorpi dura almeno 5 o 6 mesi, non certo solo uno». Discorso differente, è la tesi espressa in passato da Crisanti, per quanto riguarda gli asintomatici, per i quali gli anticorpi diminuiscono molto più velocemente. Anche altre ricerche erano arrivate a conclusioni differenti da quelle dell’Università di Nanjing e, malgrado qualche caso sparuto di possibili “reinfezioni”, il fatto che non vi siano numeri significativi di pazienti contagiati due volte, ad esempio in Cina e in Corea del Sud dove il virus è arrivato prima, rafforza la tesi del professor Crisanti.

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Cosa dice lo studio cinese, già pubblicato? Si basa sul monitoraggio della produzione degli anticorpi in 19 pazienti non gravi e in sette in condizioni invece gravi, per sette settimane da quando è stata rilevata la malattia. Secondo i ricercatori, un paziente su cinque non aveva anticorpi contro il virus dopo le dimissioni dall’ospedale. «I livelli del sistema immunitario sono scesi significativamente tra le tre e le quattro settimane successive, suggerendo una vulnerabilità dei soggetti al coronavirus quanto quella prima del contagio iniziale». Un’alta percentuale (80,7 per cento) di pazienti guarita dal virus, ha mostrato evidenze di attività di anticorpi contro il Sars-CoV-2 (sia pure a vari livelli), mentre il restante 19,3 non aveva alcuna immunità. Lo studio ha sostenuto di aver dimostrato che le attività neutralizzanti dei sieri di convalescenza calano in modo significativo nel periodo compreso tra i 21 e i 28 giorni dopo la dimissione dall’ospedale. Altra affermazione dei ricercatori cinesi: «Comprendere le risposte adattative in cui il corpo produce anticorpi che si legano specificamente al Sars-CoV-2 tra i pazienti con Covid-19 fornisce informazioni fondamentali per lo sviluppo di un trattamento efficace e di un vaccino preventivo».

E mentre proseguono le ricerche sulle caratteristiche di un coronavirus che, va sempre ricordato, conosciamo solo da otto mesi, i vari progetti per trovare un vaccino vanno avanti in parallelo. In particolare, allo Spallanzani è in fase di sperimentazione quello italiano elaborato da ReiThera, società di Castel Romano. Spiega il direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia, intervistato da SkyTg24: «Se tutto va bene e senza correre, ci auguriamo in primavera di poter cominciare ad avere la formula per andare in commercializzazione di un vaccino tutto italiano. Sul nostro vaccino abbiamo cominciato la fase uno, che è la fase tipica della sicurezza e sarà la fase della immunogenicità, cioè quella in cui la dose inoculata all’interno dell’organismo deve determinare la produzione di anticorpi cosiddetti neutralizzanti che sono in grado di bloccare la replicabilità del virus. Fino ad oggi, non abbiamo avuto nessuna reazione avversa. Entro fine ottobre dovremo avere i primi dati sull’immunogenicità. Poi scattano le fasi due e tre».
 

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