Cina, forni crematori al collasso e servizi in tilt dopo l'addio alla politica “Covid zero”

A Pechino il 40 per cento della cittadinanza sarebbe contagiata

Cina, forni crematori al collasso e servizi in tilt dopo l'addio alla politica Covid zero
Cina, forni crematori al collasso e servizi in tilt dopo l'addio alla politica Covid zero
di Mauro Evangelisti
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Martedì 20 Dicembre 2022, 10:59 - Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 01:04

La Cina due settimane fa ha detto addio alla politica Covid zero, spinta dalle crescenti proteste. Ma il Paese è un colosso in cui la popolazione anziana è vaccinata con percentuali non alte, soprattutto con poche terze e quarte dosi. Inoltre sono stati usati vaccini prodotti dalle case farmaceutiche locali che, pur avendo una percentuale di eficacia buona, non sono allo stesso livello di quelli a mRna utilizzati in Occidente.

La completa riapertura sta causando ciò che gli scienziati si aspettavano in un Paese in cui, tra l'altro, la politica Covid zero fino ad oggi ha salvato oggettivamente centinaia di migliaia di vite, ma ha fatto sì che la popolazione, al contrario di noi europei, sia in gran parte priva anche dell'immunità naturale perché non è mai venuta a contatto con il virus: i contagi stanno aumentando a una velocità mai vista, c'è chi parla di addirittura di un tempo di raddoppio dei casi che non si misura in giorni, ma in ore.

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Sia chiaro: i dati ufficiali hanno perso di significato perché si fanno meno tamponi e perché quelli sui morti non vengono più aggiornati se non di poche unità.

Ma le notizie che arrivano, anche da media in linea con il governo, confermano l'esplosione dei casi. Le autorità stanno reagendo in modo contraddittorio a seconda delle regioni del Paese.

A Shanghai, dove circolano stime secondo cui la metà dei cittadini si è contagiata, tutte le scuole sono tornate in Dad, mentre al contrario due province (Chongqing e Zhejiang) hanno fatto scelte pericolose perché per non fermare servizi pubblici e industrie hanno disposto che si può andare a lavorare anche se si è positivi. In tutta la Cina si sta correndo ad aumentare i posti letto in ospedale di terapia intensiva. A Pechino nuneri simili a quelli di Shanghai: il 40 per cento della cittadinanza sarebbe contagiata e lo si vede anche nelle foto delle strade vuote.

La corrispondente dell'agenzia Afp ha parlato con i responsabili di due agenzie funebri di Pechino che hanno spiegato: ormai siamo operativi 24 ore su 24 per il picco di richieste, stiamo eseguendo le cremazioni il giorno stesso per non essere travolti dalla domanda, ma anche a noi comincia a mancare il personale perché malato. Un giornalista di un'altra agenzia, la Reuters, ha raccontato di avere contato 30 carri mortuari in un pomeriggio in un centro dove si fanno cremazioni. 

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Cosa dicono i numeri? Da inizio pandemia la Cina ha contato 5.242 decessi, una cifra bassissima in un Paese con 1,4 miliardi di abitanti. Questo risultato è stato però ottenuto con oltre due anni di politiche di chiusura rigidissime, in cui al primo caso positivo le persone di un intero quartiere erano costrette a restare prigioniere nei loro appartamenti. Ora queste indicazioni, a lungo accettate, non erano più sopportabili dalla popolazione e si dice che anche vedere in tv le partite dei mondiali di calcio con gli stadi pieni e gli spettatori senza mascherine abbia contribuito alla rivolta. Riaprire però repentinamente, secondo diversi istituti di ricerca, potrà causare un milione di morti per Covid  ma anche paralizzare i servizi e le strutture sanitarie. 

In Cina sta circolando la Omicron 5, che in persone fragii mai venute a contatto con il virus o immunizzate con vaccini meno efficaci, causa comunque conseguenze molto serie. Gli esperti cinesi si aspettano una successione di tre ondate. Si sta creando un altro paradosso: sui social cinesi dove si criticava aspramente la politica Covid zero di cui Xi Jinping si era vantato per i risultati ottenuti, ora monta la protesta per le conseguenze delle riaperture e per la mancanza di dati attendibili.

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